Italia: Eurolandiatik kanpo eta neoliberalismotik at

Paragone lancia il suo partito: “uscire dall’Ue e scardinare il neoliberismo”

(https://www.termometropolitico.it/1565997_paragone-lancia-il-suo-partito-uscire-dallue-e-scardinare-il-neoliberismo.html?fbclid=IwAR1e_RnnDCLOQTLfiEvbyhJxdK-7D_ahUaeIn1Ub5vaoXB4kuDJfB0hiRyc)

Pubblicato il 6 Luglio 2020

In esclusiva a Termometro Politico, Paragone racconta del progetto, nato contro il “tradimento del M5S” e come alternativa al falso sovranismo della Lega

Con i suoi 873.513 followers su Facebook, gli oltre 138.000 su Twitter e un blog nuovo di zecca, Gianluigi Paragone è uno dei politici italiani più seguiti dalla rete. Ma soprattutto non smette di far parlare di sé. Fin dall’epoca in cui dirigeva La Padania ed era vicedirettore di Libero. Molti lo ricordano per aver condotto il talk d’attualità La gabbia sulla settima rete, tra i pochi programmi dichiaratamente anti-establishment che ha dato spazio alle voci più autorevoli della galassia anti-liberista ed euroscettica.

Eletto senatore alle ultime politiche nelle fila del M5S, Paragone è stato tra i pentastellati più ostili alla nascita del nuovo governo giallo-rosa. In quella circostanza, lanciò una provocazione alla futura maggioranza, chiedendo la nomina di Stefano Fassina – esponente di spicco di LeU e dell’euro-scetticismo di sinistra – alle Finanze. A Termometro politico Paragone racconta che in quell’occasione avrebbe voluto da parte della nascitura maggioranza una prova di coerenza con il mandato popolare: “io mi sono candidato con il M5S con un programma dichiaratamente antiliberista e contrario a questa Ue”.

La rottura definitiva col M5S avviene quando, il 18 dicembre 2019, Paragone vota contro la Legge di Bilancio, definendola “conforme alla logica della gabbia di bilancio imposta da Bruxelles”. Da allora, siede nel gruppo misto del Senato, lavorando alla costruzione di una nuova casa per tutti coloro che avevano creduto in un ruolo anti-establishment del MoVimento fondato da Grillo e che, delusi, non si accontentano del panorama politico esistente.

Ora, quel momento è giunto; la casa in costruzione sta per essere completata. Gianluigi Paragone lancerà nelle prossime settimane un nuovo partito. Il programma è semplice: uscire dall’euro e dalla”gabbia” dell’Unione europea, recuperare sovranità democratica e monetaria, rilanciare il primato dello Stato sul mercato (dunque di un neo-keynesismo sul neo-liberismo).

ESCLUSIVO – l’intervista di Termometro Politico a Gianluigi Paragone

Senatore Paragone, perché un nuovo partito? Di cosa pensa abbia bisogno l’Italia?

Questo è un partito che non c’è. Qualcuno ha provato a fornire delle suggestioni contrarie all’Unione europea e all’euro, ma nessuno ha apertamente dichiarato di voler uscire. Il nostro è un partito funzionale all’uscita, per me è la prima questione che pongo sul tavolo perché si tratta di scardinare l’architettura neoliberista dell’Ue.

Come si chiamerà il nuovo soggetto politico?

stiamo facendo una serie di valutazioni su quali dei nomi ci convincono di più. Per molti è Italexit, ma Italexit è solo l’idea per far capire il nostro messaggio, però non siamo convinti di utilizzare un’espressione anglosassone per un partito che vuole mettere l’accento sull’italianità e sull’Italia.

Quali sbagli ritiene abbia commesso il M5S? Perché?

L’errore che accomuna tutto è il tradimento profondo dell’identità antisistema che caratterizzava il Movimento 5 Stelle. Il perché l’abbia commesso è facile da spiegare: il sistema cerca di cooptare le forze nemica e lo fa con le melodie più affascinanti. Il “canto delle sirene” del sistema è fatto di poltrone, prestigio, potere…quindi è facile dimenticare la predicazione antisistema che ti aveva caratterizzato e che, nel caso del M5S, era stata anche premiata dagli elettori. Non dovremmo dimenticare la composizione e il significato politico di quell’elezione de 4 marzo. Gli italiani votarono due forze antisistema per rifiutare le solite ricette interscambiabili tra destra e sinistra.

La Lega è schizofrenica: dice no euro e poi vuole Draghi. Non si può essere sovranisti e liberisti allo stesso tempo”

Come risponde a chi l’accusa di una certa contiguità con il salvinismo e, in generale, col sovranismo di destra? In che rapporti è con alcuni esponenti euro-scettici della Lega, come Bagnai e Borghi?

Cominciamo col dire che, dopo mesi di retroscena per cui sarei passato o dovuto passare con la Lega, sono ancore ben impiantato nel gruppo misto e sto lanciando un nuovo partito. Quindi, mettiamo a tacere tutti quelli che scrivevano che sarei stato “il primo acquisto della Lega” e colui che avrebbe traghettato i malpancisti del M5S verso la Lega. Niente di più falso. Per il resto, ho buoni rapporti con Bagnai, con Borghi, con Rinaldi, così come con Stefano Fassina e tutto un mondo sovranista che sta a sinistra, perché a me interessa la grammatica che può accomunare chi ritiene sia necessario uscire da quest’Europa. Alla Lega contesto una specie di schizofrenia: non puoi avere come slogan “No euro” e poi interessarti all’eventualità di un governo Draghi. Inoltre, io sono per un sovranismo che punta molto sullo Stato, non ho paura a rivendicare la forza dello Stato e il primato del pubblico sul privato e sui mercati. Non sono affatto sensibile ai richiami delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni che indeboliscono la centralità dello Stato.

 Se si è sovranisti si è automaticamente per la centralità dello Stato senza le ambiguità della Lega che strizza l’occhio da una parte alle liberalizzazioni e alle privatizzazioni, dall”altra ai regionalismi. A proposito dei regionalismi, ad esempio, io sono contrario a spingere per maggiori autonomie, soprattutto adesso. Il rischio è che si va a disarticolare il potere dello Stato, nel momento in cui, facendo i conti con quest’Europa, c’è bisogno esattamente del contrario. Ricordiamo che l’Europa delle macroregioni è quella che aveva in mente Jean Monnet… e oggi si sta realizzando.

Un altro elemento che mi differenzia dalla Lega è questa mania dei leghisti per un’Italia fatta di cantieri. Io di avere interi territori aggrediti dalle gru non ci penso affatto. Non perché non voglia gru, bensì perché penso ci sia più bisogno di “scalpellini”, perché il nostro è un Paese che ha bisogno della riparazione paziente chi sa maneggiare scalpellini.

più piccole opere e meno Tav Torino-Lione et similia?

Anche le piccole opere hanno bisogno di un’importante spesa pubblica. Ad esempio, noi tutti conosciamo adesso Matera, ma pochi conoscono Ginosa e Massafra. Eppure, il Vangelo secondo Matteo di Pasolini è ambientato tanto nelle gravine di Matera quanto in quelle di Massafra e Ginosa. Potrei menzionare anche Fossagno che ha una gipsoteca con tutti i gessi e le opere del Canova. Sono bellezze e risorse di una Nazione come la nostra che è frutto di tante identità e tradizioni, perché non dimentichiamo che noi siamo figli anche dei campanilismi e delle signorie. Attenzione quindi a pensare che la gru, la cementificazione, l’opera siano di per sé un vantaggio irrinunciabile per il Pil e per l’economia italiana. Delle volte, per buttare una colata di cemento, si perde di vista il valore di una restaurazione. Io non sono contrario alla spesa pubblica per le infrastrutture, però vorrei che le scelte siano sorrette da idee, da progetti, da una visione di Paese. L’Italia è un Paese molto delicato, da maneggiare con grande cura. Lo Sapevano bene i nostri Padri costituenti che lanciarono una sfida alle classi dirigenti dell’epoca e a quelle future: quella della piena occupazione.

Paragone: “va recuperato il senso della Costituzione”. Il M5S? Un “fake”

A proposito di Costituzione, cosa ne pensa del “patriottismo costituzionale” e di tutta un’area a sinistra – diciamo sovranista o neosocialista – che si sta aggregando attorno a questo concetto?

Basterebbe capire la densità della Costituzione, un testo che a leggerlo oggi è rivoluzionario, per essere “dalla parte del giusto”. La nostra è una Carta che ha all’interno un articolo, il 36, che sancisce il diritto a una retribuzione “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Cosa fanno i neoliberisti? Sostituiscono la retribuzione con la paga, poi la paga diventa paghetta. E si è costretti a indebitarsi. Ed è quello che è successo con la crisi del 2008 e seguenti: il ceto medio, impoverendosi, è stato costretto a indebitarsi. Venendo meno la giusta retribuzione, si integra ciò di cui si necessita col debito. Eccolo qua l’inganno della modernità! Occorre recuperare il senso della Costituzione e dei diritti in essa espressi. Solo così mettiamo il Paese nelle condizioni di ripartire.

Oggi l’Unione europea è fatta di multinazionali che, grazie al dumping fiscale e lavorativo, sono libere di scorrazzare per l’Europa, sfruttando lavoratori a norma di legge in Italia o nella dorsale est-europea. Pensiamo davvero di costruire così la cittadinanza europea?

Tra l’altro il M5S si è presentato alle elezioni europee con un programma elettorale basato proprio sulla tassazione delle grandi corporations come Amazon e Airbnb… Che fine ha fatto quella proposta?

Quando oggi dico che il MoVimento è una fake politica intendo esattamente questo. Fino a quando l’Unione europea avrà al suo interno dei paradisi fiscali non sarà mai effettivamente un’Unione di Stati. Non possono convivere situazioni di dumping con la rigidità monetaria. Ciò che dovrebbe essere flessibile, innanzitutto alle asimmetrie esistenti all’interno dell’Unione, è proprio la moneta.

Paragone: “Recovery non è bazooka, Italia accetterà il Mes”

Gianluigi Paragone, Lei è un estimatore della Teoria della Moneta Moderna (MMT), in particolare della versione di Bill Mitchell. L’orientamento della politica economica del nuovo partito si baserà sui suoi precetti? Quali nello specifico?

La teoria della moneta moderna è assolutamente utile se vuoi sganciarti dall’eurozona. Noi stiamo già avendo diversi contatti con accademici ed esperti al fine di strutturare al meglio la nostra proposta politica e programmatica. Non vogliamo commettere gli stessi errori del M5S quando ha proposto l’uscita dall’UE, senza uno stralcio di progetto, senza avere le capacità sul piano tecnico per realizzarla. L’MMT è sicuramente una delle teorie che prendiamo a supporto per sviluppare il nostro progetto di uscita dall’Unione europea.

Creazione di liquidità attraverso l’acquisto dei titoli: è quello che sta facendo la BCE con il Pepp. Come giudica il suo operato?

È il massimo possibile che può fare l’Unione europea che, ricordiamo, non è gli Stati Uniti d’Europa, perché la Banca centrale non svolge il ruolo di prestatore di ultima istanza e si avvale di un acquedotto la cui acqua è generata dai mercati finanziari. Questo è il massimo della potenza di fuoco che può essere espressa dall’Europa. Se provassimo ad esportare le ricette che l’Ue propone per la ripresa – dal Mes al Recovery, dal Sure al Q.e– negli Stati Uniti d’America, ci ridirebbero in faccia. E avrebbero ragione! Ci direbbero: perché non create una Banca centrale che possa stampare moneta illimitatamente? Invece noi siamo costretti d’abbeverarci nei pozzi dei mercati… E i mercati possono anche darti qualche fiche gratis affinché continui a giocare. Le altre poi, però, si pagano. Ecco, il Mes “light” (quello senza condizionalità per le spese sanitarie, Ndr) è la fiche gratis.

E del Recovery fund proposto dalla Commissione, che ne pensa? Riusciremo ad avere le sovvenzioni previste? Se sì, a quali condizioni e con quali vincoli?

Tutti pensano che il Recovery sia un “bazooka”, ma lo schema è lo stesso dei programmi di finanziamento europei. Gli Stati presentano all’Ue un programma e quel programma viene finanziato. Ma qui la situazione è diversa. Se vado in sofferenza perché la pubblica amministrazione smette di pagarmi, non è che devo ingegnarmi per presentare un programma per ottenere quei soldi che mi spettano. Devo ottenere quei soldi, punto e basta. Invece, i finanziamenti che proverranno dal rubinetto del Recovery saranno dei soldi che dovremmo giustificare e dimostrare di saperceli guadagnare sulla base di un programma specifico. Avremo soldi per il digitale, il 5 G, l’industria 4.0 (che significa automatizzare ancor di più la produzione, aggravando la crisi occupazionale in corso): in altre parole, riceviamo dei soldi per finanziare qualcosa che non sarà oggetto di una discussione democratica, bensì di un diktat esterno da Bruxelles.

Mes “sanitario”, dopo Kurz e Blok, anche la Merkel spinge affinché l’Italia ne faccia ricorso. Attiveremo il Mes alla fine (almeno quello “sanitario”)?

Secondo me attiveremo sia il Mes sanitario che il Mes con condizionalità. Quando si è in difficoltà, come siamo noi, non si è in grado di operare delle scelte.  Mettiamo da parte la questione delle condizionalità del Mes – anche la versione “light” non è affatto priva di condizionalità, perché noi paghiamo un obolo al Mes -, e con centriamoci sull’aspetto della funzionalità. Mi chiedo: è normale chiedere al Mes, un soggetto di natura privatistica, i finanziamenti per la sanità pubblica di uno Stato, dopo che per decenni Bruxelles ha mandato letterine in cui si raccomandava la riduzione della spesa pubblica (della spesa sanitaria in primis)? Prima Bruxelles interviene, come è accaduto in questi anni, per disarticolare e indebolire la sanità pubblica italiana, poi oggi ci chiede di accedere ai suoi finanziamenti per la sanità. In questi mesi abbiamo schiaffato neolaureati in medicina nei reparti a gestire l’emergenza Covid, dopo che per anni si è detto a chi usciva da medicina che si sarebbe dovuto specializzare, salvo poi scontrarsi con il blocco delle assunzioni. La spesa per la sanità pubblica è la spesa primaria di uno Stato.

in pratica come affogare qualcuno per poi vendergli una bombola d’ossigeno.

Le metafore si sprecano. In ogni caso, da settembre, quando verrà data possibilità alle imprese di licenziare e non ci saranno più soldi della cassa integrazione, capiremo davvero cosa significhi il Pil a -13%.

Governo Conte sul Mes vuole la moglie ubriaca e la botte piena, alla fine la maggioranza terrà”

Paragone, riuscirà a tenere la maggioranza o ci sarà una “crisi balneare”?

È chiaro che qualcuno avrà il mal di pancia, ma il grosso del MoVimento terrà e la maggioranza resterà compatta. Mi sembra improbabile che, dopo che si sarà approvato l’uso del Mes, autorizzando quindi l’intervento dei mercati, possa scoppiare una crisi di governo.

Sembra che sul Mes il governo potrebbe trovarsi in un cul de sac: se sceglie di approvarlo, il rischio della rottura è elevato (a meno che il M5S non voti a favore, mettendo in conto però un crollo di consensi difficilmente recuperabile); oppure, se sceglie di non ricorrere ai prestiti del Mes, potrebbe avere serie difficoltà di bilancio, considerando che, tra Sure e Recovery, bisognerà aspettare alcuni mesi per ottenere i finanziamenti necessari a risolvere i drammatici effetti economici della crisi pandemica. È possibile, secondo Lei, esercitare un’opposizione responsabile che abbia come obiettivo la creazione di una nuova maggioranza ma che, al contempo, assuma le difficili condizioni in cui l’Italia è costretta a muoversi?

Non si può volere la moglie ubriaca e la botte piena. Il MoVimento ha tradito lo scopo per cui era nato e dovrà interrogarsi nuovamente sulla propria identità, ma in ogni caso quando vendi l’anima al Diavolo, prima o poi il Diavolo ti chiede il conto. Io credo che oramai la strada di questo governo è segnata nel solco dell’Europeismo e dell’”unionismo”. Avrebbe dovuto intraprendere una battaglia a Bruxelles molto tempo prima, così da aumentare il potere contrattuale dell’Italia. La Merkel è autorizzata a impartirci lezioni sull’utilizzo dei fondi del Mes, semplicemente perché Conte a dicembre rilasciò un’intervista al Financial Times in cui disse che questo governo avrebbe richiesto i prestiti del Mes. Conte e Gualtieri hanno assicurato alla Germania che l’Italia sarebbe rimasta dentro il solco delle regole dell’Unione. Il rischio di una crisi di consensi, a mio avviso, non esiste, perché Conte passerà alle cronache per colui che avrà saputo procurare del finanziamento nel momento in cui l’Italia era in condizioni drammatiche.

Se i rubinetti non si aprono e c’è bisogno di farli aprire, piuttosto che niente, meglio il Mes. Questo è il ragionamento di Conte, sostenuto da tutti i principali giornali italiani schierati a favore del Mes e disposti a fare il lavaggio del cervello alla gente che, bisognosa di soldi, certo non si metterà a fare le pulci ai dettagli tecnici del Mes, calcolando il rischio della sua attivazione per l’Italia.

Se stai soffrendo a causa di un dolore lancinante, non badi a distinzioni. Sei portato a dire: dammi un analgesico, della morfina, quel che vuoi, purché mi faccia cessare questo dolore! Ecco, la situazione in cui ci troviamo è questa.

Intervista al Sen. Gianluigi Paragone realizzata da Eugenio Galioto per TP

Gehigarriak:

Bi liburu hurrengo udazkenerako

G-7 delakoaren aurkako zeregin zuzena: Estatua eskatuz

Bill Mitchell: aurkezpena Italiako Senatuan, Erroman

Thomas Fazi: Koronabirus fondoa?

Thomas Fazi: beste MES bat?

Thomas Fazi-ren bi zipriztin

Aro berriko zipriztin batzuk

Aro Berriko lehen eztabaida

Aro Berriko lehen eztabaida (segida)

Aro Berriko lehen eztabaida (segida, eta bukaera?)

Eurobonoak direla eta

Italiako estatu-tituluez

Italia zorraren tranpan

Koronabirusa eta defizita

Subiranotasuna ala barbareria

Thomas Fazi-ri egindako elkarrizketa

Italiak subiranotasun ekonomikoa berreskuratu behar du

Koronabirusa dela eta, nazio-estatuaren bukaera ote?

Alemania eta Eurolandia, tartean EBZ

Koronabirus krisia eta neoliberalismoaren porrota

Recovery Fund: limosna ematen digute eta eskerrak eman behar dizkiegu

Recovery Fund delakoaren iruzurra

Euroguneko inflazioa negatiboa, ez galdetu korronte nagusikoei

Hedaduraren (‘spread’) iruzurra irudi batean

Atzo arratsaldean idatzitakoak

Egin daitekeen, egin behar den (dugun!) bakarra

Angela Merkel-i egindako elkarrizketa (2020)

Iruzkinak (2)

  • joseba

    Italy’s Newest Political Party Wants Country Out of the EU
    (https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-06-23/italy-s-newest-political-party-wants-to-pull-country-out-of-eu)
    By
    John Follain

    If Senator Gianluigi Paragone had his way, Italy would pull out of the European Union and free itself of the euro.

    Paragone, who cut his teeth in politics as a member of the anti-establishment Five Star Movement, told Bloomberg in an interview Monday that he’ll launch his new, upstart party in mid-July — and that the word “Italexit” may figure prominently in the new group’s logo.
    “The EU and the euro were imposed from on high,” Paragone said. “They’ve hurt the real economy, families and workers and small and medium-sized businesses.”
    While economic arguments make up a big part of the new party’s possible appeal, sovereignty is a theme that strikes a cord with Italian voters today as well, particularly in the wake of a sluggish European response to the country’s appeals for help at the onset of the coronavirus crisis.
    “The euro was tailor-made for Germany,” Paragone said. “Today we express political choice in elections but governments have to submit to policies ordered by the EU. We need full control.”
    Paragone’s bid to create a new party reflects a broader euroskeptic shift in Italian politics. Some officials in Rome have said they’re concerned that traditional anti-euro forces have been buoyed by an unprecedented wave of post-outbreak anger toward the EU, and that that could sow the seeds for an Italian-led breakup.

    After the confused early days of the crisis, the EU has scrambled to offer help to Italy, but the perception of a lack of solidarity will be hard to erase for many who were on the fence about the bloc to start with.
    ‘Lack of Democracy’
    For Paragone, that means now is the time to strike. The endgame for his as-yet-unnamed party would be to build consensus for pulling Italy out of the EU, since exiting the single currency alone appears impossible. “There isn’t a rule that allows us to leave the euro area, that’s a lack of democracy,” he said. “We have to leave the EU first.”
    That doesn’t look easy. By and large, Italians still back the euro. A survey by Euromedia Research last week showed that 58.2% support the single currency, with just 33.8% opposing it. A separate SWG poll published early this month showed that 39% of Italians trust the EU, compared with 27% in April.
    The longer view may offer some hope for Paragone’s group. Euroskepticism has been rising over the past two decades. Since 2000, the share of Italians with little or no trust in the EU has soared from 43% to 70%, according to a Demos & Pi survey published in newspaper la Repubblica on April 6. Still, about two-thirds would nonetheless vote to stick with the euro and the EU.
    Read More: Something Has Snapped in Italy’s Stormy Relationship With Europe
    Already well-known as a political talk show host, the 48-year-old Paragone was first elected to the Senate in 2018. He was kicked out of Five Star in January of this year after opposing the government in a confidence vote on the budget. “I wasn’t elected to keep Italians caged into a budget imposed by Europe,” he said at the time.
    Paragone sees his new group as part of a potential European movement, perhaps in a network of like-minded parties in various EU countries. He also said he’s seeking a meeting with Brexiteer Nigel Farage.
    The new party plans to field candidates in the next general election, which will take place in 2023 at the latest, and in next year’s contest for Rome’s city hall, Paragone said. The target is to initially score more votes than ex-premier Matteo Renzi, whose new Italy Alive party polls at around 4%.
    Single Issue
    Paragone’s group will be Italy’s only single-issue party focused on exiting the EU, giving him a clear shot at the third of voters in the country who qualify as euroskeptics, said Lorenzo Pregliasco, director of polling and analysis firm YouTrend.

    “Paragone has a harder job than Farage because there’s less space for a new party in Italy, and because Italy doesn’t have the same history of diffidence toward the EU that Britain has,” said Pregliasco. “Even if Italians have less trust in the EU than in previous years, most people still see the risks of leaving as bigger than the benefits.”
    That could mean the party will ultimately play a niche role. As Italian politics fragments further with more and more small parties, and with a center-right bloc leading in opinion polls, Paragone may be able to position himself as a player in the next bout of coalition-building.
    While Matteo Salvini of the anti-migrant League, Italy’s biggest opposition force, has threatened to leave the EU, he hasn’t made that position part of the party’s platform.
    Paragone has no time frame for his goals — “it’s not a milk carton, there’s no expiration date” — but he says his aim would be to put Italy on equal footing with its former EU partners. He also lacks a clear policy for trade relations with the bloc, saying only that World Trade Organization rules would be an option. Once outside the EU, Italy could look more to the U.S. for trade opportunities, he said.
    In Paragone’s vision Italy wouldn’t get a new currency if it pulled out of the euro, but would instead return to its old one, the lira. “The issue isn’t what the currency is called, he said. “It’s who owns it.”
    (Updates with euroskeptic shift in sixth, Pregliasco in 15th paragraph.)

  • joseba

    Thomas Fazi
    Bella intervista di Gianluigi Paragone al settimanale norvegese Morgenbladet

    (con due parole del sottoscritto):

    Un nuovo partito italiano a favore dell’uscita del paese dall’UE e dalla zona euro vedrà presto la luce. A luglio, il senatore e giornalista televisivo Gianluigi Paragone lancerà la sua nuova alternativa politica, che dovrebbe contenere la parola “Italexit” nel logo del partito.

    – «Oggi in Italia non esiste alcun partito che propone di portare l’Italia fuori dall’UE e dalla zona euro. La semplice creazione di questo partito cambierà il panorama politico», afferma Paragone dalla sede provvisoria del partito a Roma.
    Paragone è stato eletto col Movimento 5 Stelle, ma quest’inverno è stato escluso dal partito di governo per essersi rifiutato di votare la legge di bilancio. Con il nuovo partito, dice Paragone, continuerà la «lotta contro il sistema» che i 5 Stelle hanno ormai abbandonato. Per Paragone, portare l’Italia fuori dall’UE e dall’euro non è un obiettivo fine a se stesso, ma è il modo per sfidare le politiche neoliberiste.
    – «Significa sfidare un sistema in cui l’economia reale è soffocata e sacrificata sull’altare dell’economia finanziaria. Si è aperto un divario tra i cittadini e l’élite economica», dice.
    Paragone è stato in precedenza direttore del giornale del partito di destra Lega Nord. Accanto a lui durante l’intervista, a fargli da traduttore, c’è Thomas Fazi, socialista e autore di numerosi libri critici nei confronti dell’UE in cui sostiene il rafforzamento dello Stato-nazione. Fazi parteciperà al nuovo partito, che già conta tra le proprie fila numerosi economisti, attivisti e imprenditori. «La divisione destra-sinistra non ha più molto senso in Italia», sottolinea Fazi.
    – «È principalmente il blocco di centrosinistra che ha portato avanti le politiche di liberalizzazione, di deregolamentazione, di privatizzazione e di austerità. Per questo motivo oggi la sinistra è principalmente associata, a ragione, a politiche socialmente regressive. E per lo stesso motivo, qualcuno che si considera di destra potrebbe invece essere a favore di politiche che un tempo si sarebbero considerate di sinistra: intervento dello Stato in economia, welfare, imprenditoria pubblica», dice Fazi.
    «C’è un enorme vuoto politico in Italia che sta solo aspettando di essere riempito da un partito che potremmo definire “radicalmente socialdemocratico”», afferma, aggiungendo però che il partito non ha nessun interesse per l’ossessione per il politicamente corretto e per le battaglie micro-identitarie tipiche del neo-progressismo.
    Critico nei confronti dei pacchetti di salvataggio degli ultimi anni, Paragone è altrettanto caustico nei confronti del modo in cui la UE ha gestito la pandemia, che ritiene essere «la stessa risposta a cui abbiamo assistito dopo la crisi finanziaria del 2008».
    – «Gli attacchi speculativi ai paesi dell’Europa meridionale, i cosiddetti paesi PIGS… il fatto stesso che esista questo termine, dalle chiare implicazioni razziste, testimonia le grandi differenze che esistono tra i paesi europei», dice.
    PIGS è un termine che si riferisce ai paesi dell’Europa meridionale: Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. Per Paragone è paradigmatico della natura della UE che il cosiddetto “Recovery Fund” proposto dall’UE si basi su fondi presi in prestito dai mercati finanziari.
    – «Voglio un sistema in cui lo Stato non debba andare col cappello in mano dai mercati finanziari per ottenere i fondi di cui ha bisogno. L’Italia merita una sua banca centrale e la sua sovranità monetaria in modo da poter condurre autonomamente la propria politica economica e industriale. Ne beneficerebbero anche le piccole e medie imprese del nostro paese», dice.
    Il nuovo partito vuole ricostruire uno Stato forte su una piattaforma che, dice Paragone, si potrebbe anche definire «socialista». Oggi, secondo Paragone, lo Stato è messo sotto scacco sia dall’alto che dal basso: dall’alto dal capitale finanziario e dal basso dai «flussi migratori incontrollati». Paragone vorrebbe ridare lustro al modello politico-economico alla base della Costituzione italiana.
    – «È un bellissimo documento, che si basa su tre grandi tradizioni politiche e intellettuali: socialismo, liberalismo e cattolicesimo. Quella visione del mondo ha ancora senso, anche al giorno d’oggi. Ed è una visione incompatibile con i trattati europei», afferma.
    Paragone non ha fiducia nella possibilità di riformare l’UE dall’interno.
    – «Spesso si parla di “questa unione” o di “questa Europa”, come se si potesse scegliere tra diverse versioni della UE. Questa è l’unica unione che conosciamo, è l’unica che esiste ed è l’unica che può esistere, perché la Germania non permetterà mai a un’altra UE di esistere», dice.
    – «Pensiamo che l’UE non possa essere riformata dall’interno, ma possa solo essere abbandonata».
    – Quale sarà la sua strategia per lasciare l’UE se viene eletto?
    – «Con questo partito, daremo finalmente agli elettori l’opportunità di esprimere la loro opinione sull’Europa. Per la prima volta, i cittadini avranno l’opportunità di votare per un partito che propone esplicitamente l’uscita dell’Italia dall’UE e dalla zona euro. Questa è una grande novità in sé», afferma Gianluigi Paragone.

Utzi erantzuna joseba(r)i Cancel Reply

Zure e-posta helbidea ez da argitaratuko. Beharrezko eremuak * markatuta daude