Alemania eta Eurolandia, tartean EBZ

Who is who in Euroland?

a) Lo spieghìno: cosa ha appena deciso la corte costituzionale tedesca?

https://www.lafionda.org/2020/05/05/lo-spieghino-cosa-ha-appena-deciso-la-corte-costituzionale-tedesca

5 Mag , 2020

Thomas Fazi

È finalmente arrivata la sentenza tanto attesa della Corte costituzionale tedesca che doveva valutare la compatibilità o meno del programma di acquisto titoli della BCE avviato nel 2015 (formalmente public sector purchase programme o PSPP, altresì noto come programma di quantitative easing o QE) con la legge fondamentale tedesca. Cosa dice?

In sostanza la Corte costituzionale tedesca ha riscontrato che il programma è incompatibile con il principio di proporzionalità consacrato nei trattati europei, che afferma che «l’azione dell’UE deve limitarsi a quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi fissati dai trattati. In altre parole, il contenuto e la forma dell’azione devono essere in rapporto con la finalità perseguita». La Corte infatti ha sentenziato che la BCE non ha sufficientemente ponderato gli effetti di politica economica e fiscale del programma. «Perseguendo incondizionatamente gli obiettivi di politica monetaria del PSPP – raggiungere tassi di inflazione inferiori ma prossimi al 2 per cento –, ignorando i suoi effetti di politica economica, la BCE ha ignorato manifestamente il principio di proporzionalità», si legge nella sentenza.

In particolare, nota la Corte, «[i]l PSPP migliora le condizioni di rifinanziamento degli Stati membri in quanto consente loro di ottenere finanziamenti sui mercati dei capitali a condizioni notevolmente migliori di quanto sarebbero in grado di fare altrimenti; ha quindi un impatto significativo sui termini della politica fiscale in base ai quali operano gli Stati membri. In particolare, il PSPP potrebbe avere gli stessi effetti degli strumenti di assistenza finanziaria ai sensi del […] trattato del MES». Su questo punto – e questa è la prima bomba – la Corte ha dunque preso una posizione nettamente opposta a quella raggiunta dalla Corte di giustizia europea (CGUE), che invece aveva giudicato il programma compatibile con il principio di proporzionalità, la cui sentenza viene giudicata dalla Corte tedesca ultra vires1, cioè incompatibile con i trattati.

Più precisamente, si legge nella sentenza che il programma di QE della BCE «deve essere qualificato come un atto ultra vires, nonostante il giudizio contrario della CGUE». Per questo motivo «la Corte costituzionale federale non è vincolata dalla decisione della CGUE, ma deve condurre il proprio riesame per determinare se le decisioni dell’Eurosistema relative all’adozione e all’attuazione del PSPP rientrano nelle competenze che le sono conferite dal diritto primario dell’UE. Poiché tali decisioni mancano di sufficienti considerazioni sulla proporzionalità, equivalgono a un superamento delle competenze della BCE». La Corte ci ricorda inoltre che gli Stati membri, in virtù del trattato di Lisbona, rimangono i «padroni dei trattati», giacché l’UE non si è evoluta in uno Stato federale. In tal senso, si legge nella sentenza, «se gli Stati membri dovessero astenersi completamente dal condurre qualsiasi tipo di revisione degli ultra vires, concederebbero agli organi dell’UE un’autorità esclusiva sui trattati anche nei casi in cui l’UE adotti un’interpretazione giuridica che equivarrebbe essenzialmente a una modifica del trattato o a un’espansione delle sue competenze» – cioè esattamente ciò che la Corte costituzionale tedesca imputa alla Corte di giustizia europea.

Ciò detto, la Corte afferma che «al momento non può stabilire se il governo federale e il Bundestag abbiano effettivamente violato le loro responsabilità in materia di integrazione europea nel non chiedere la fine del PSPP». Per valutare se questo sia il caso o meno, la Corte chiede al Consiglio direttivo della BCE di motivare la valutazione della proporzionalità del programma. Per quanto riguarda invece la violazione o meno del divieto di finanziamento monetario (art. 123 del TFUE), la Corte non rileva una violazione di tale principio perché il volume degli acquisti del programma PSPP è limitato, gli acquisti vengono effettuati secondo il capital key ecc. Il senso implicito di questa frase è ovvio:anche se la sentenza non riguardava il nuovo programma di acquisto titoli attivato per rispondere alla pandemia COVID-19, ovverosia il PEPP (pandemic emergency purchase programme), è chiaro che, poiché molti dei suddetti limiti vengono meno nel PEPP, la Corte considera quest’ultimo in violazione dell’art. 123, oltre che del principio di proporzionalità.

Infine – e questa è la seconda bomba – la Corte specifica che le autorità tedesche «non possono partecipare né allo sviluppo né all’attuazione di atti ultra vires». Per questo la Corte stabilisce che dopo un periodo transitorio di tre mesi, la Bundesbank non potrà più partecipare all’attuazione e all’esecuzione delle decisioni della BCE in questione, a meno che il Consiglio direttivo della BCE non adotti una nuova decisione che dimostri in modo comprensibile e comprovato che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti dal PSPP non siano sproporzionati rispetto agli effetti di politica economica e fiscale risultanti dal programma. Alle stesse condizioni, la Bundesbank deve garantire che le obbligazioni già acquistate e detenute nel suo portafoglio siano vendute sulla base di una strategia – possibilmente a lungo termine – coordinata con l’Eurosistema». Difficile non vedere come questa sentenza sia di fatto incompatibile con il mantenimento nel medio periodo (oltre il 2020) del programma PEPP. Ne vedremo delle belle.

b) La soft law comunitaria e il diritto statale: CONFLITTO FRA ORDINAMENTI O FINE DEL CONFLITTO DEMOCRATICO?

Alessandra Algostino

https://www.costituzionalismo.it/download/Costituzionalismo_201603_593.pd

In the present essay it is argued how the EU soft law appears consistent with a liquid, informal and polycentric system (often skilled in terms of “governance”), that is more and more indifferent – and hostile – with respect to the parameter of the democratic legitimacy and responsive to others sovereignty than the popular one. What is standing out is not only a conflict between legal systems: given the features of soft law, the conflict between sources is likely to overflow into an erosion of democratic parameters.”

c) IL COLPO DI STATO GIURIDICO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

https://www.facebook.com/thomasfaziofficial/posts/138171191143863

Thomas Fazi

08.05.2020

Oggi è arrivata la risposta della Corte di giustizia europea alla sentenza della Corte costituzionale tedesca che – come abbiamo già spiegato* – giudicava il programma di acquisto di titoli pubblici della BCE incompatibile con i trattati europei.

La replica della Corte di giustizia europea è decisamente inquietante. Essa infatti non entra nel merito della sentenza tedesca ma si limita a ricordare che «in base a una giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, una sentenza pronunciata in via pregiudiziale da questa Corte vincola il giudice nazionale per la soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente», affermando poi che «per garantire un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, solo la Corte di giustizia, istituita a tal fine dagli Stati membri, è competente a constatare che un atto di un’istituzione dell’Unione è contrario al diritto dell’Unione». Per questo motivo, conclude la Corte, «i giudici nazionali sono obbligati a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione», limitandosi a recepire nel diritto interno le disposizioni della Corte di giustizia europea.

Difficile immaginare un sunto più efficace del «colpo di Stato giuridico», secondo la definizione del giurista internazionale Alec Stone Sweet, messo a punto con la creazione dell’Unione europea (UE). Qui, infatti, non ci troviamo solo di fronte a un’architettura istituzionale che, per mezzo dei trattati europei, ha creato un diritto vincolante per gli Stati membri, determinando così un complesso processo di reingegnerizzazione oligarchica del potere attraverso il trasferimento (la “costituzionalizzazione”) dei princìpi cardini del liberismo nelle singole costituzioni nazionali, progressivamente svuotando di senso queste ultime, nella misura in cui questo processo ha, de facto se non de jure, reso impossibile il perseguimento di tutta una serie di obiettivi sociali consacrati nelle suddette costituzioni (esemplare, in questo senso, il caso italiano).

Ma, fatto forse ancor più inquietante, ci troviamo di fronte a una Corte di giustizia europea che – come emerge chiaramente da questo comunicato – ormai (in realtà da tempo) non si limita più a verificare semplicemente la conformità delle decisioni politiche con il quadro normativo europeo, ma di fatto, attraverso un’interpretazione “creativa” dei trattati da cui deriva la sua stessa legittimità, si arroga il diritto di produrre ex novo un diritto vincolante (quantomeno dal punto di vista della Corte) per gli Stati membri, anche se in difformità rispetto alla normativa comunitaria, senza che i singoli Stati (e le rispettive corti costituzionali) possano mettere bocca. È evidente che siamo di fronte a una mostruosità giuridica senza precedenti.

Non a caso la Corte costituzionale tedesca aveva – giustamente – sottolineato che «se gli Stati membri dovessero astenersi completamente dal sollevare [eventuali elementi di non conformità con il diritto europeo, indipendentemente dal giudizio della Corte di giustizia europea], concederebbero agli organi dell’UE un’autorità esclusiva sui trattati anche nei casi in cui l’UE adotti un’interpretazione giuridica che equivarrebbe essenzialmente a una modifica del trattato o a un’espansione delle sue competenze»-

Risulta veramente difficile non dare ragione ai giudici tedeschi in questo caso. Anche perché non si tratta solo di un problema “procedurale”, ma di una questione che investe di pieno diritto la questione della legittimazione democratica del diritto. Come nota infatti Alessandra Algostino, professore associato di diritto costituzionale all’Università degli Studi di Torino**: «Ciò integra un vulnus rispetto a vari elementi chiave di un ordinamento democratico; per citarne alcuni, la separazione fra i poteri, lo Stato di diritto, la legittimazione democratica del diritto».

Le problematiche legate all’autolegittimazione della Corte di giustizia europea (e dunque del diritto europeo), «derivano in ordine all’esautoramento, non tanto della sovranità in sé, quanto della sovranità popolare (stante il citato deficit democratico delle istituzioni e dei processi decisionali in sede di Unione europea, per tacere del possibile contrasto fra i principi fondanti l’Unione europea e i principi fondamentali della Costituzione)».

Conclude dunque Algostino: «In questo senso è evidente una radicale discontinuità fra l’ordinamento comunitario e gli ordinamenti delle costituzioni europee del secondo Novecento e, in specie, quello italiano, fondati sul riconoscimento del pluralismo sociale e politico, sulla sua rappresentanza, sulla prospettiva riequilibratrice e redistributiva dell’eguaglianza sostanziale. I processi delineati hanno progressivamente smussato le tensioni fra l’ordinamento dell’Unione europea e gli ordinamenti statali, ma non nel senso di una costituzionalizzazione dello spazio europeo, bensì, nel senso, inverso, di una de-costituzionalizzazione dei territori nazionali».

Le moderne repubbliche costituzionali, infatti, si differenziano dalle precedenti monarchie assolute proprio per il fatto di non essere l’atto di volontà di un sovrano legittimato dall’esterno – dalla tradizione, dal diritto divino, dalla forza bruta del Leviatano – ma di essere legittimate dall’interno da un popolo come soggetto autonomo che legifera su se stesso. Da qui l’evoluzione moderna del concetto di sovranità, innervato nella nostra Costituzione, inteso non più (semplicemente) come sovranità statuale e nazionale, bensì, appunto, come sovranità popolare.

In tal senso, il processo di sovranazionalizzazione del diritto implicito nei trattati europei, dacché presume un trasferimento del potere costituente a istituzioni prive di reale legittimità democratica o popolare, rappresenta per certi versi un ritorno all’era pre-repubblicana dei Leviatani che amministravano il diritto in maniera autoritaria in virtù di una propria autolegittimazione.

UE delenda est.

*https://www.lafionda.org/2020/05/05/lo-spieghino-cosa-ha-appena-deciso-la-corte-costituzionale-tedesca

**https://www.costituzionalismo.it/download/Costituzionalismo_201603_593.pdf

d) Von der Leyen amenaça Alemanya amb un expedient: ‘El TJUE sempre té l’última paraula’

La presidenta de la Comissió Europea recorda a Alemanya que el dret europeu és d’obligat compliment per part dels estats membres

https://www.vilaweb.cat/noticies/von-der-leyen-amenaca-alemanya-amb-un-expedient-el-tjue-sempre-te-lultima-paraula/

10.05.2020

La Comissió Europea (CE) es planteja obrir un expedient d’infracció contra Alemanya després que el Tribunal Constitucional germànic considerés que les decisions del Tribunal de Justícia de la Unió Europea (TJUE) no són ‘obligatòries’ arran d’una sentència en la qual ha declarat parcialment inconstitucional la compra de deute públic que el Banc Central Europeu (BCE) va començar el 2015.

En un comunicat, Von der Leyen assegura que estan analitzant ‘al detall’ la decisió del Constitucional i recorda que la tasca de la Comissió Europea és ‘salvaguardar el correcte funcionament’ del sistema de l’euro i el sistema legal de la UE.

A més, la presidenta assenyala que la Comissió defensa tres principis ‘bàsics’: que la política monetària de la UE és de competència exclusiva, que el dret de la UE té primacia sobre el dret nacional i que les sentències del TJUE són vinculants per a tots els tribunals nacionals.

La UE és una comunitat de valors i de dret que ha de ser defensada en tot moment. Això és el que ens manté units. Això és el que defensem’, conclou el comunicat.

e) DIRITTO NAZIONALE E DIRITTO EUROPEO: UN CONFLITTO (IRRISOLTO) CHE VA AVANTI DA CINQUANT’ANNI

https://www.facebook.com/thomasfaziofficial/posts/139327637694885

Thomas Faci

14.05.2020

In questi giorni stiamo assistendo a un conflitto di una durezza senza precedenti tra la Corte costituzionale tedesca e la Corte di giustizia europea, e più in generale tra il diritto nazionale e il diritto europeo, l’ultimo capitolo – particolarmente surreale – del quale è la minaccia della von der Leyen di aprire una procedura d’infrazione contro la Germania per la sentenza di Karlsruhe (per i capitoli precedenti rimando a due articoli del sottoscritto che trovate in calce).

Per orientarsi in questo dibattito – complesso anche perché riguarda questioni tuttora irrisolte in ambito giuridico, come il “primato” o meno del diritto comunitario rispetto al diritto nazionale – può essere utile la seguente disamina, tratta da un articolo di qualche anno fa di Marco Baldassari e Alberto Quintavalla:

«Al presente è facilmente percepibile come sia nei dibattiti dottrinali sia nell’applicazione fattuale del diritto è in atto un’europeizzazione non solo dei principi costituzionali nazionali bensì anche delle stesse teorie nazionali costituzionalistiche. Secondo l’opinione prevalente si può ormai parlare di un diritto costituzionale europeo sancito all’articolo 6(3) del Trattato sull’Unione europea (TUE) in cui si sancisce che “i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

Inoltre, un ruolo determinante nel processo di consolidamento del costituzionalismo europeo è svolto, parallelamente agli organi legislativi ed esecutivi, dalla Corte di giustizia. Tale istituzione dell’Unione europea ha acquisito ancor più rilevanza a partire da quando il Trattato di Lisbona, ex art. 6 comma I TUE, ha conferito alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE (la cd. Carta di Nizza del 2000) il medesimo valore giuridico dei Trattati. In altri termini, la Corte di giustizia è stata chiamata a giudicare sul rispetto dei suddetti principi da parte degli Stati membri.

A seguito di un siffatto processo di europeizzazione, lo Stato-nazione si è aperto verso l’esterno, recependo il diritto sovranazionale comunitario e facendo venire meno, almeno in parte, lo Stato costituzionale tout court. Lo Stato nazionale si incardina all’interno di una governance europea il cui tratto distintivo è la produzione di norme non solo direttamente efficaci negli Stati membri attraverso il cd. principio dell’effetto diretto ma anche prevalenti sulle fonti interne contrastanti (cd. principio della supremazia o della primauté). In questo modo, gli Stati membri vedono ridurre progressivamente la propria competenza in materia di normazione in favore delle istituzioni comunitarie, rimanendo peraltro inermi di fronte ad un tale spoglio. Il risultato è la creazione di un nuovo diritto europeo, interdipendente con la normativa nazionale, ma che da essa trae fondamento e ne è superiore.

Significativo è come il principio di prevalenza del diritto dell’UE non sia mai stato espressamente indicato all’interno del Trattato in senso stretto, né nel TUE né nel TFUE. Da ciò si può agevolmente desumere che, come anticipato supra, un ruolo tanto primario quanto velato nel processo di integrazione dell’UE spetta alla magistratura comunitaria che dispone di un amplissimo potere alla luce di norme europee estremamente programmatiche e, quindi, vaghe. Il diritto comunitario finora formatosi non può che essere per molta parte giurisprudenza, cioè un insieme di sentenze che talora precedono lo stesso diritto legiferato e ne colmano in molte occasioni le lacune: per proseguire con ulteriori esempi di principi di diritto comunitario introdotti ex novo dalla Corte di Giustizia basti citare il cd. effetto utile del diritto comunitario e il correlato obbligo di disapplicazione del diritto interno in contrasto così come la sottoposizione degli atti delle istituzioni alla conformità della “Carta costituzionale di base” che è il Trattato.

Viceversa, sul piano domestico, le Corti costituzionali nazionali si atteggiano, per un verso, a strumento di esecuzione del diritto comunitario e, per altro verso, a ultimo baluardo in difesa di quello Stato-nazione che giorno dopo giorno è messo a repentaglio. Si viene così ad assistere ad una coabitazione tra ordinamenti e, come sostiene Armin Von Bogdandy, ad una presenza di un duplice diritto costituzionale. Ma l’ordinamento costituzionale multilivello che ne è scaturito non è stato immediatamente accettato in modo pacifico: almeno ab initio, è stato osteggiato da alcune Corti costituzionali e, primus inter pares, dalla Corte costituzionale tedesca. Quest’ultima, il 29 maggio 1974, con la sentenza Solange I ha statuito come vi dovesse essere una prevalenza delle norme costituzionali tedesche sull’ordinamento dell’UE fintantoché quest’ultimo non si fosse dotato di un proprio decalogo di diritti fondamentali, corrispondenti a quello della Costituzione tedesca, stabiliti da un Parlamento su base democratica.

Si può, dunque, notare che il problema di fondo che veniva messo in luce dalla Corte costituzionale tedesca era la mancanza, nel processo decisionale, di un Europarlamento che avesse una solida base rappresentativa e, quindi, democratica. Il peccato originale del processo di integrazione europea, i.e. un deficit di democrazia, aveva comportato l’impossibilità di applicare il diritto comunitario in caso contrastasse con le norme sui diritti fondamentali e la necessaria rimessione della questione dinanzi alla Corte costituzionale tedesca. Un completo ribaltamento della posizione adottata con la sentenza Solange I è avvenuto attraverso la sentenza c.d. Solange II in cui si affermava come la Corte costituzionale tedesca non eserciterà più alcuna giurisdizione circa l’applicabilità del diritto comunitario derivato fintantoché la giurisprudenza della Corte di Giustizia è in grado di garantire una effettiva protezione dei diritti fondamentali.

Un siffatto ribaltamento è spiegabile precipuamente per due motivi. In primis, nell’arco di tempo che va dal 1974 – anno della prima sentenza – al 1986 – anno della seconda sentenza – la Corte di giustizia ha considerevolmente sviluppato le proprie competenze e si è confermata una delle istituzioni protagoniste della Comunità europea. Secondariamente, l’operatività del Parlamento europeo, eletto a suffragio universale dal 1979, ha certamente portato il Tribunale federale costituzionale tedesco a riconsiderare le proprie posizioni. Ciononostante, la sentenza Solange II intende ricordare come la Repubblica Federale di Germania non rinunci all’identità del proprio ordinamento costituzionale nel caso in cui alcuni diritti di sovranità siano esercitati da altre istituzioni interstatuali.

Sempre nella medesima direzione va la sentenza della Corte costituzionale tedesca del 30 giugno 2009 in cui si rileva il problema della legittimità dell’Europarlamento: l’Unione europea è concepita come ente di collegamento tra Stati membri. Ma in un’Unione siffatta “il concetto di ente di collegamento denota un’unione stretta e durevole tra Stati che restano sovrani, un’unione che esercita potere pubblico su base pattizia, il cui ordinamento di base è soggetto tuttavia all’esclusiva disposizione degli Stati membri e nella quale i popoli degli Stati membri – cioè i cittadini aventi cittadinanza nazionale – restano i soggetti della legittimazione democratica”».

Fonte: http://www.eticapubblica.it/wp-content/uploads/2016/06/BaldassariQuintavalla_22015.pdf

per i capitoli precedenti della saga rimando ai seguenti due articoli del sottoscritto:

https://www.lafionda.org/2020/05/05/lo-spieghino-cosa-ha-appena-deciso-la-corte-costituzionale-tedesca/

https://www.facebook.com/thomasfazi/posts/2914966575263128

Tartekoak

07.04.2017

f) Vuelve la crisis del euro: los saldos de los bancos centrales nacionales con el BCE vuelven a marcar récord

https://blogs.publico.es/dominiopublico/19619/vuelve-la-crisis-del-euro-los-saldos-de-los-bancos-centrales-nacionales-con-el-bce-vuelven-a-marcar-record/

Sergi Cutillas

(…)

Jurisdicción del Target2: Un BCE alemán

Aunque TARGET2 se basa en una plataforma técnica única, legalmente contiene 19 sistemas de componentes separados, uno operado por cada uno de los 18 bancos centrales del sistema Euro más el del BCE. Cada sistema componente del TARGET2 se define y rige por separado con la legislación nacional pertinente que aplica la Directiva sobre la finalidad de la liquidación. En cambio el sistema TARGET2-ECB el componente del sistema perteneciente al BCE es gobernado por la KWG (Ley Bancaria alemana, con jurisdicción de la corte de Frankfurt am Main).

La misma Decisión del BCE que pone en marcha el TARGET2 (BCE / 2007/7) aclara que:

  1. La relación bilateral entre la ECB y los participantes en TARGET2-ECB se regirá por la ley de la República Federal de Alemania.
  2. Todo litigio que surja de un asunto relacionado con la relación a que se refiere el apartado 1 es competencia exclusiva de los tribunales de Frankfurt, sin perjuicio de la competencia del Tribunal de Justicia de las Comunidades Europeas.

No queda claro cuál es el significado de otorgar toda jurisdicción a los tribunales de Frankfurt a la vez que se hace sin perjuicio de la competencia de los Tribunales de Justicia de las Comunidades Europeas.

Los saldos de los diferentes bancos centrales nacionales con el BCE estarían por tanto gobernados por la ley alemana. Tal diseño legal da todo el poder a los tribunales de Frankfurt sobre uno de los mayores sistemas de pagos del mundo, despertando la sombría posibilidad de que en caso de disputas entre Bancos Centrales éstos deban enfrentarse legalmente en una corte de justicia de Frankfurt, bajo ley alemana, y no en Bruselas bajo ley Europea como cabría esperar. Es más, en caso de que un país abandonara la Eurozona, los procesos legales concernientes al saldo del TARGET2 con el BCE deberían dirimirse entre los tribunales de Frankfurt y los tribunales del estado en cuestión. Descubrir la naturaleza real de la arquitectura legal debería suponer una gran decepción a todo aquel que confiara en la naturaleza proto-federal de la Unión Monetaria. Tal y como afirma Peter R. Griffin, jurista especializado en Ley Internacional, director general de Slaney Advisors, consultoría situada en Londres a “uno habría esperado que el pilar de la integración monetaria estuviera sujeto a la legislación europea y a al Tribunal de Justicia Europea.”

Implicaciones de una salida de la Eurozona: Lex Monetae

La falta de claridad entorno al TARGET2 provocó que recientemente dos diputados del Parlamento Europeo del Partido Movimiento 5 Estrellas, Marco Zanni y Marco Valli, preguntaran en la Comisión de Asuntos Económicos y Monetarios del Parlamento Europeo al gobernador del BCE “¿cómo se saldarían técnicamente las balanzas [de los Bancos Centrales Nacionales dentro de TARGET2] en el caso de que un Estado miembro que participe en el sistema decida abandonar la moneda única?”. La respuesta de Draghi fue que “si un país abandonara el Eurosistema, sus créditos sobre el BCE o sus pasivos con el BCE tendrían que ser liquidados en su totalidad“. Cabe destacar que ésta es la primera vez que un alto representante de una institución de la UE, para el caso la más relevante, admite que el euro podría no ser para siempre. A pesar de dejar claro que las deudas deberían pagarse en su totalidad Draghi no hizo mención a la denominación de la moneda con la que debería pagarse, ni tampoco al texto legal que se utilizaría para hacer cumplir esta declaración.

Según el derecho de las CE, el euro es la moneda legal de los estados miembros participantes de la zona del euro y sustituye a su moneda nacional al ingresar en la Eurozona. Si un estado miembro saliera de la Eurozona y adoptara una nueva moneda, el euro podría seguir existiendo como una moneda dejando dos posibles resultados para los contratos denominados en euros relacionados con ese estado miembro que salga: o las obligaciones de pago siguen siendo pagaderas en euros (se aplica lex monetae de los restantes Estados miembros de la zona euro); o las obligaciones de pago se redenominan en una nueva moneda (la lex monetae del estado miembro de salida).

Ni la ley bancaria alemana, ni las leyes europeas o nacionales mencionan la posibilidad de la ruptura de la Eurozona y, por lo tanto, no aclaran cuál sería el procedimiento para la posible redenominación parcial o total de los créditos y pasivos al BCE. Los diferentes textos solo se refieren a la posibilidad de quiebras. Sin embargo, en caso de salida y redenominación el estado saliente podría argumentar que no se ha producido tal incumplimiento dado que una redenominación no supone necesariamente el impago si se aplica la lex monetae. En ese caso, en aplicación de la lex monetae se rechazaría la jurisdicción del Eurosistema como marco en el que dirimir disputas relativas a quebrantos e impagos, al producirse dos hechos clave: la no existencia de impago sino de redenominación; y el abandonado del marco competencial del Eurosistema por el banco central del estado saliente. Así podría procederse a la redenominación de los pasivos del banco central con el BCE. Este caso sería aún más claro si se produjera una crisis que conllevara la desaparición del euro y del Eurosistema, dado que al dejar de existir el Eurosistema sería más fácil defender que también lo haría la legislación correspondiente a tal sistema.

Sin llegar al caso de la desaparición del Eurosistema, una vez que el un banco central nacional de un estado saliente dejara de ser parte del BCE podría legislar acerca de la redenominación, ya que no hay una respuesta clara sobre lo que se debe hacer una vez que un estado abandona la zona euro. Probablemente los distintos tribunales que tienen que decidir sobre la cuestión llegarán a conclusiones diferentes (y contradictorias) – en cuyo caso, se convierte en una cuestión práctica y política encontrar la solución óptima en tales las circunstancias. Un tribunal de un Estado miembro que saliera de la Eurozona es casi seguro que decidiría que, en relación con una deuda en disputa, una obligación en euros se pagará en su nueva moneda nacional. Esto se debe a que la nueva legislación de tal estado miembro lo estipulará. El tribunal externo, en este caso el alemán, probablemente decidirá lo contrario. Esto se debe a que el resto del balance del BCE continuará funcionando en euros, por lo que recibir un pago de una obligación en una moneda devaluada respecto al euro producirá pérdidas al BCE. Esto será así a menos que el euro haya dejado de existir, cosa probable si Italia o España abandonarán la Eurozona. En tal caso las obligaciones deberían saldarse de forma bilateral después de procesos judiciales y negociaciones políticas. En todo caso, quizás sea la realidad la que en breve nos ofrezca respuestas a todas estas incógnitas.

Sergi Cutillas-en twitterrak

https://twitter.com/sergi_cutillas/status/1258082299238846467

Sergi Cutillas@sergi_cutillas

@Europeripheral

erabiltzaileari erantzuten

And the Target2 payments system (the most important in the Eurosystem) is governed by German law: https://ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/l_23720070908en00710107.pdf

Irudia

2020 mai. 6

Sergi Cutillas@sergi_cutillas

@Europeripheral

erabiltzaileari erantzuten

DECISION OF THE EUROPEAN CENTRAL BANK of 24 July 2007 concerning the terms and conditions of TARGET2-ECB (ECB/2007/7) (2007/601/EC):

Irudia

2020 mai. 6

Sergi Cutillas@sergi_cutillas

@sergi_cutillas

eta

@Europeripheral

erabiltzaileei erantzuten

KWG is the German Banking Act: https://en.wikipedia.org/wiki/Kreditwesengesetz

2020 mai. 6

Sergi Cutillas@sergi_cutillas

@sergi_cutillas

eta

@Europeripheral

erabiltzaileei erantzuten

The previous capture is part of article 3 of the Decision.

2020 mai. 6

Gehigarriak

Zer egin du EBZ-k Eurolandian?

1) Ikus Alemania, Eurolandia eta EBZ-ren ‘ilegalitatea’

2) Bill Mitchell-en twitterra

(https://twitter.com/billy_blog/status/1260542637079060480)

Bill Mitchell@billy_blog

Merkel sides with German BVerfG over ECB. That’s the cat among the pigeons. Southern states should leave Euro immediately they can only deteriorate further by staying.

2020 mai. 13


Ultra vires – Wikipedia.

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