Thomas Fazi: Koronabirus fondoa?

«Il Mes come un “fondo Coronavirus”? Attenzione, è una trappola»

L’economista Fazi: «La Lagarde non ha fatto alcuna gaffe. Il pericolo è il commissariamento». I veri poteri della Bce e il meccanismo di finanziamento del debito spiegati bene

20 Marzo 2020

«Per capire la crisi che sta vivendo l’Italia bisogna ripartire dai fondamentali». La recessione in cui il mondo intero è stato scaraventato dalla pandemia da coronavirus sta riducendo in poltiglia totem, tabù e realtà che fino a ieri erano date per scontate, come la globalizzazione, l’unità europea, il declino degli Stati nazionali, il senso di solidarietà popolare, le libertà civili, il consumismo di massa. Per questo occorre riavvolgere il nastro e comprendere le regole del gioco, sottolinea Thomas Fazi. Giornalista e saggista romano, autore di libri in cui sottopone a critica serrata la vulgata economica neo-liberale (fra cui ricordiamo “Sovranità o barbarie”, scritto con William Mitchell), per aiutare a orientarci nel marasma di notizie di questi giorni, fra Bce, mercati, spread, Mes e decreti, inizia dal principio: «La maggior parte del denaro in circolazione non esiste sotto forma di monete e di banconote ma di uni e di zeri sui computer delle banche centrali e delle banche commerciali. E da dove viene questo denaro? Ovviamente, trattandosi di uni e di zeri su un computer, non viene da nessuna parte. Viene creato dal nulla con un semplice clic. E ovviamente, trattandosi di uni e di zeri, può essere creato in quantità infinita». In pratica, i miliardi che la Banca Centrale Europea spara da Francoforte con i famosi “bazooka” sono fiat money, quattrini letteralmente nuovi di zecca. Potenzialmente stampabili ad libitum. «Da ciò se ne deduce – continua Fazi – che da un punto di vista tecnico, essendo la banca centrale un organo dello Stato, un paese che dispone di una banca centrale, cioè che emette la propria valuta, non può mai rimanere a corto di soldi. Né ha bisogno delle tasse per finanziare la propria spesa (prima di poter pagare le tasse bisogna aver incassato dei soldi che a loro volta saranno stati creati – indovinate un po’ – dal nulla: la sequenza, insomma, è inversa)». Traduzione: uno Stato che dispone di una moneta propria non ha bisogno di emettere titoli di Stato per finanziare il proprio deficit. «Esatto. La banca centrale potrebbe semplicemente soddisfare il fabbisogno del Tesoro accreditando i conti bancari dei destinatari della spesa pubblica, cioè “monetizzando” la spesa in base agli obiettivi di politica economica del governo, senza che il Tesoro emetta titoli di debito per un valore equivalente».Denaro dal nulla

Tuttavia la prassi vede gli Stati emettere titoli di debito per coprire le uscite non coperte da entrate, e cerca finanziatori sui mercati dove scorrazzano i capitali privati. «Nei fatti – spiega l’economista – questo non cambia quanto detto qui sopra: uno Stato che dispone di una banca centrale e che emette debito nella propria valuta non potrà mai trovarsi impossibilitato a rifinanziare il proprio debito ed essere dunque costretto a fare default, magari perché “fatica a trovare degli investitori che siano disposti a comprare i suoi titoli”». Questo passaggio non è scontato, per l’uomo della strada. «Il fatto è che la banca centrale può sempre intervenire per sopperire a una eventuale carenza di acquirenti privati o per rimborsare i titoli in scadenza attraverso la creazione di denaro dal nulla. Questo è ciò che si intende con l’avere una banca centrale che faccia da “prestatore di ultima istanza” ed è ciò che fanno regolarmente tutte le banche centrali del mondo». Ma allora com’è che Christine Lagarde, la presidente della Bce, si è rifiutata di intervenire sui tassi per abbassare lo spread fra titoli di Stato italiani e tedeschi? «In realtà è la banca centrale a determinare il tasso di interesse e dunque la spesa per interessi complessiva di uno Stato. Da ciò ne consegue che, così come uno Stato non ha bisogno delle tasse per finanziare la propria spesa, non ha neanche bisogno dei mercati finanziari. Anzi, semmai sono questi ultimi che hanno bisogno degli Stati per procurarsi un investimento sicuro sotto forma di titoli di Stato». Ricapitolando: un Paese con la sua sovranità monetaria non deve preoccuparsi di dove trovare i soldi, per esempio per far fronte all’emergenza Covid-19, deve «preoccuparsi che la spesa sia commisurata alla capacità di assorbimento dell’economia, per evitare fenomeni inflattivi. Ciò ovviamente non toglie che i governi, per ragioni politiche, possano fingere di avere vincoli finanziari che in realtà non hanno, magari per implementare politiche anti-popolari di austerità, privatizzazioni ecc».

Il ruolo della Bce

Gli Stati in cui circola l’euro, invece, si indebitano con una valuta che non controllano. E qui la Bce assume un ruolo politico centrale: «I Paesi dell’eurozona hanno trasferito il diritto-dovere di determinare la politica monetaria e finanziaria a un’autorità sovranazionale che per statuto ha il divieto di agire da prestatore di ultima istanza, cioè di intervenire in maniera illimitata e incondizionata sui mercati dei titoli sovrani per garantire che gli Stati siano sempre in grado di finanziarsi a tassi accettabili indipendentemente dal loro livello di deficit/debito pubblico, eventualmente comprando i titoli essa stessa; né tantomeno la Bce può monetizzare il deficit/debito degli Stati (per esempio acquistando titoli di Stato “in perpetuo”, il che di fatto equivale a cancellarli in quanto non dovranno mai essere rimborsati). Per questo motivo lo Stato italiano si è di fatto ridotto al rango di una regione, nel senso che è costretto a finanziare le proprie spese tramite le tasse o l’emissione di titoli sui mercati finanziari, ed è effettivamente soggetto al rischio di default nel momento in cui non dovesse essere in grado di rimborsare il proprio debito».

Lagarde? Nessuna gaffe

La Lagarde sembra aver “recuperato” aumentando il cosiddetto “quantitative easing” (QE), l’immissione di liquidità per acquistare titoli pubblici e privati, con 750 miliardi di euro. Fazi smonta la narrazione salvifica della Bce pronta a soccorrere il malato europeo: «Già il programma attivato nel 2015 non cambiava la situazione: se è vero infatti che attraverso di esso la Bce interviene sul mercato dei titoli sovrani – e dunque contribuisce, in tempi normali, a tenere giù i tassi di interesse – lo fa sulla base di un ammontare mensile fissato ex ante e allocando gli acquisti in base al cosiddetto capital key, cioè in proporzione alla quota che ogni paese detiene nell’azionariato della Bce stessa (nel caso dell’Italia, il 13 per cento), con piccoli margini di flessibilità. Il QE, in altre parole, non permette alla banca centrale di fare acquisti mirati dei titoli di Stato di un singolo Paese in difficoltà economica o sotto attacco speculativo, magari per tenere giù il famigerato spread. Perché questo, come non perdono mai occasione di ripetere i tedeschi, ammonterebbe a una forma di “finanziamento monetario” nei confronti del Paese in questione, e dunque rappresenterebbe una violazione dei trattati. E da un punto di vista tecnico, hanno ragione». Uno strumento che permetterebbe alla Lagarde di intervenire illimitatamente per soccorrere uno specifico Stato ci sarebbe: il Mes. «Tecnicamente il meccanismo si chiama OMT (Outright Monetary Transactions), ma l’attivazione di quest’ultimo presuppone la sottoscrizione per il Paese che ne faccia richiesta di un “programma di aggiustamento strutturale” da parte del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), per capirci sulla falsariga dei vari memorandum imposti alla Grecia, il che di fatto equivarrebbe al commissariamento. Che è la ragione per cui nessuno ne ha mai fatto richiesta fino a questo momento». Quanto all’iniezione di miliardi deciso questa settimana dalla Bce, sottolinea Fazi, «si tratta di un semplice potenziamento dell’attuale programma di QE, che prevede un incremento del volume degli acquisti mensili e un’applicazione più flessibile (non sappiamo quanto) della regola del capital key. Questo ha aiutato a ridurre un po’ i tassi di interesse, a conferma che la banca centrale ha sempre il potere di contenere gli “spread”, se lo vuole. In tal senso, non credo che l’uscita della Lagarde di una settimana fa sia stata una gaffe: penso piuttosto che sia stato un tentativo, per ora fallito, di scatenare una crisi finanziaria e costringerci così a chiedere aiuto al Mes, stile 2011. Ma l’intervento della Bce rimane comunque soggetto a diversi vincoli, che hanno evidentemente l’obiettivo di rassicurare i tedeschi sul fatto che non ci troviamo di fronte a una forma di finanziamento monetario».

Impasse

L’Italia, in ogni caso, non potrebbe «fare tutto il necessario», come ha promesso il premier Giuseppe Conte, cioè spendere quanto vuole. «È evidente infatti – puntualizza – che se l’Italia domani annunciasse di voler portare il deficit al 10 per cento (una misura del tutto normale alla luce delle prime stime sull’impatto economico di una serrata prolungata del Paese, che prefigurano una perdita del Pil tra il 10 e il 30 per cento, altro che 25 miliardi) scoppierebbe un putiferio sui mercati che la Bce nella cornice dell’aumento di liquidità, farebbe molta fatica a contenere. Per non parlare del fatto che, se anche riuscissimo ad aumentare in maniera così significativa il deficit senza scatenare turbolenze sui mercati (il che mi sembra assolutamente improbabile), saremmo comunque costretti a restituire ogni singolo centesimo ai creditori privati e alla banca centrale. A differenza di quei Paesi in cui i costi dell’emergenza saranno senz’altro monetizzati dalla Bce, costringendoci a severe misure di austerità in futuro». Il governo però sembra intenzionato a chiedere un prestito al Mes, vendendolo come una sorta di “Fondo Coronavirus” a cui attingere senza le pesanti condizionalità da trojka. Fazi è scettico: «E’ assolutamente improbabile che i Paesi nordici acconsentano ad un prestito senza condizionalità che per ovvi motivi dovrebbe essere destinato in larga parte all’Italia; al massimo potrebbero acconsentire a posticipare le misure di aggiustamento strutturale al momento del rientro del debito. Ovviamente la situazione potrebbe cambiare se la Germania dovesse concludere di avere essa stessa bisogno di una qualche forma di aiuto incondizionato dall’Europa. Ma per ora questo è il drammatico impasse in cui si trova il nostro Paese, costretto a combattere una guerra senza armi e anzi con le mani legate». Per soprammercato, la nostra classe dirigente è «pavida, inadeguata e soprattutto ideologicamente e subalterna alla Ue: ha fatto del “vincolo esterno”, cioè della presunta necessità per l’Italia di essere “amministrata” da un padrone, un articolo di fede. Oggi più che mai è evidente che da questa crisi se ne esce solo recuperando tutti quegli strumenti economici di cui la nostra scellerata classe dirigente, la stessa che oggi sta gestendo la crisi, ci ha privato negli ultimi trent’anni. A partire dalla sovranità monetaria».

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