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(Oso nekatuta Granada honetaz)

Stephanie Kelton

“L’euro sopravviverà solo con un budget e con istituzioni federali”

di Federica Bianchi 15 Marzo 2021

Stephanie Kelton

L’economista Stephanie Kelton, volto più noto della Teoria monetaria moderna, spiega perché il patto di stabilità non funziona. Il dialogo in esclusiva per la newsletter “Voci da Bruxelles

Stephanie Kelton, professore alla Stony Brook University, tra gli economisti più innovatori di questi anni e il volto più noto della Teoria monetaria moderna, spiegata nel libro “Il mito del deficit”, ci racconta perché la sua nuova visione delle regole economiche è importante per l’Europa. Due sono in punti salienti della nuova visione dell’economia: i governi creano moneta tramite la politica fiscale e non stampando moneta, come vuole la vulgata, e i limiti dell’espansione monetaria sono determinati dall’inflazione e non dal deficit.

Perché questa teoria ha rilevanza per noi europei?

«Perché secondo la Teoria monetaria moderna le preoccupazioni sul rapporto debito/Pil, stella polare dei governi europei degli ultimi anni, sono errate. Così come i famosi parametri di Maastricht, che impongono misure draconiane a chi ha un debito e/o un deficit eccessivo, e che, cortesia del lascito della pandemia, la Commissione europea, sconfitta la linea dei falchi del vicepresidente Valdis Dombrovskis, si prepara a mettere in discussione. Se la realtà ha dimostrato la loro inutilità nel creare un circolo virtuoso, per attuare la transizione ecologica, serviranno comunque risorse ingenti, non austerità».

Così la parola “riforma dei trattati”, dopo quasi un ventennio di stallo, non è più un tabù.

«Si comincia a percepire un clima nuovo in cui portare a compimento l’architettura dell’Euro finora lasciata a metà, in attesa di coagulare il consenso politico. Ma l’attesa fino ad oggi è stata controproducente: il rigido Patto di stabilità, pensato per sopperire a istituzioni federali di cui l’Euro dovrebbe essere espressione, ha provocato sofferenza, l’anticamera dell’euro scetticismo».

La visione tradizionale delle regole economiche sta cambiando?

«Sono 25 anni che spingiamo altri economisti a cambiare il modo in cui immaginano la capacità di spesa dei governi, la sostenibilità fiscale e il ruolo delle tasse. La nuova teoria monetaria illustra come funzionano i sistemi monetari e dà indicazioni su quanto spazio monetario ha a disposizione ciascun Paese. Spiega che il governo paga le sue fatture grazie alla Banca centrale: nuova moneta entra in circolazione quando il governo decide di spenderla. Non c’entra nulla lo stampare moneta. Una banca crea moneta quando offre un prestito, il governo quando spende. La creazione del denaro dipende dalle decisioni politiche del governo».

Senza limite?

«L’unico campanello d’allarme è l’inflazione, che non aumenta con la crescita del debito ma solo nel momento in cui l’economia di un Paese sovrano non riesce ad assorbire l’immissione di nuovo denaro. Un esempio è la Cina, che sta accumulando un debito enorme ma che smetterà di emettere RMB solo quando non avrà più nulla da comprare nella propria valuta. Non sarà presto: il progetto della Via della Seta sta allargando il mercato della sua valuta».

Gli economisti tradizionali la criticano dicendo che il denaro non si crea dal nulla…

«Paul Krugman, che mi ha molto criticato, diceva di non capire come il Giappone potesse prendere a prestito a tassi vicini allo zero nonostante avesse un debito molto più alto di quello italiano. Ecco vede, oggi è chiaro il perché. La riposta è nel diverso regime monetario dei due Paesi, elemento sottovalutato dagli economisti tradizionali.  Il governo italiano non può contare sulla Banca d’Italia».

La moderna teoria monetaria allora non funziona per quei Paesi che non hanno sovranità…

«Gli stati europei oggi non hanno la stessa capacità di manovra degli Stati Uniti o della Cina perché l’Euro ha rotto il legame tra governo e banca centrale nazionale. I governi singoli non possono impegnarsi a spendere denaro contando sulla loro banca. Chi emette denaro è la Banca centrale europea. È lei che ha l’autorità monetaria e fiscale. Se l’Italia ha un debito del 170 per cento e un tasso di interesse di soli 80 punti base è perché la Bce fa scudo all’Italia e le permette di spendere, accumulando deficit. In questo modo la Bce restaura in qualche modo la sovranità monetaria nazionale. Ma è una situazione temporanea che non può durare nel tempo».

E quindi?

«Perché l’Euro duri serve un budget federale e un’autorità federale europea. In altre parole, serve stabilire un legame diretto tra Banca centrale europea e politica fiscale europea. Come aveva predetto Godley».

Intende l’economista keynesiano britannico Wynne Godley, euroscettico già negli anni Novanta?

«Era scettico perché aveva capito che il sistema in cui era inquadrata la moneta unica non poteva funzionare. Aveva predetto con un ventennio di anticipo la crisi del 2011, spiegando che se un Paese non ha il potere di svalutare la propria moneta e non ha diritto a compensazioni fiscali nei momenti di difficoltà allora non avrà modo di fermare un processo di lento declino che conduce alla povertà e all’emigrazione».

Lui simpatizzava sia con chi non voleva rinunciare alla perdita di sovranità, e dunque rinunciava all’euro, come la Gran Bretagna, sia con chi puntava alla creazione di un’autorità e un budget federale…

«Aderendo all’Euro i Paesi non cedono solo la sovranità monetaria ma – di fatto, come è chiaro adesso – anche quella fiscale, cioè il potere politico di spendere in maniera anticiclica. Un potere chiave perché se un governo non ha più la libertà di spesa per ottenere risorse allora può solo inasprire le tasse o trovare qualcuno che gli presti i soldi. Come fanno la Grecia e l’Italia».

Il Recovery plan europeo e la sospensione dei parametri di Maastricht fino alla fine del 2022 possono cambiare le regole del gioco?

«L’Unione europea ha questa finestra offerta dal Recovery plan. Ma è molto difficile immaginare come i Paesi che fanno parte della zona Euro possano dare vita a un ambizioso programma di investimenti che combatta il cambiamento climatico senza sovranità. In qualche modo chi investe moneta la deve emettere. Solo se ci sarà un’unione fiscale, con obbligazioni europee e un budget unico, l’Unione potrà sopravvivere».

Dunque più Europa? Con istituzioni federali?

«L’alternativa potrebbe essere quella di una Banca centrale che offre “una paghetta” agli Stati, come fosse un genitore, per superare di volta in volta i momenti di crisi, come adesso. Potrebbe essere un sistema regolamentato, se ci fosse accordo politico: assegni annuali basati su certi criteri come il numero di abitanti».

Per evitare il ritorno dell’austerità…

«Alla fine ciò che importa davvero sono le persone. Fino ad oggi con la pandemia abbiamo fatto compromessi inimmaginabili. Non c’è spazio per ulteriore sofferenza. L’austerità, e la Grecia lo sa, è brutale. E non serve a nulla. Non esiste mai un momento giusto per imporre misure di austerità. Economisti come Lawrence Summers e Olivier Blanchard, che per anni hanno fatto la predica sulla sostenibilità fiscale del debito, adesso dicono che non è più il rapporto tra debito e Pil a contare ma il rapporto tra il costo del debito e il Pil. In realtà entrambi gli indicatori non servono a nulla. Gli economisti tradizionali cambiano versione solo per piegare la realtà alla loro narrativa. Ma non funziona. La prova ce l’ha data il Covid. Stiamo aggiungendo migliaia di miliardi al debito Usa e la situazione economica migliora. Dobbiamo solo stare attenti ad evitare il surriscaldamento».

Altrimenti le banche centrali dovranno aumentare i tassi di interesse e gli Stati le tasse?

«L’aumento dei tassi di interesse non è l’unico strumento per controllare l’inflazione. Secondo la Nuova teoria monetaria, occorre capire cosa produce inflazione per fermarla. Negli anni 60-70 è stata la combinazioni della crisi petrolifera e delle proteste sindacali. Solo con la liberalizzazione dell’industria del gas i prezzi si sono raffreddati perché l’OPEC trovò un concorrente. Qualche anno fa, quando i prezzi nel settore sanitario stavano aumentando, creando inflazione, bastò la riforma sanitaria del presidente Barak Obama per calmierare i prezzi e fermare l’inflazione. Ogni decisione economica è sempre una decisione politica».

La Redazione de l’AntiDiplomatico

L’economista Stephanie Kelton (MMT): «Recovery plan inutile senza sovranità»

(https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-leconomista_stephanie_kelton_mmt_recovery_plan_inutile_senza_sovranit/11_40223/)

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Può esistere una moneta senza Stato come l’Euro? Con paesi non supportati dalla Banca Centrale e senza una politica fiscale comune, in quella che non è un’area valutaria ottimale. 

Secondo l’economista Stephanie Kelton, esponente di punta della Teoria Monetaria Moderna (MMT) intervistata da l’Espresso1, «perché l’Euro duri serve un budget federale e un’autorità federale europea. In altre parole, serve stabilire un legame diretto tra Banca centrale europea e politica fiscale europea. Come aveva predetto Godley». 

Attualmente infatti «gli Stati europei oggi non hanno la stessa capacità di manovra degli Stati Uniti o della Cina perché l’Euro ha rotto il legame tra governo e banca centrale nazionale. I governi singoli non possono impegnarsi a spendere denaro contando sulla loro banca. Chi emette denaro è la Banca centrale europea. È lei che ha l’autorità monetaria e fiscale. Se l’Italia ha un debito del 170 per cento e un tasso di interesse di soli 80 punti base è perché la Bce fa scudo all’Italia e le permette di spendere, accumulando deficit. In questo modo la Bce restaura in qualche modo la sovranità monetaria nazionale. Ma è una situazione temporanea che non può durare nel tempo». 

Dunque aderendo alla moneta unica i paesi europei hanno nei fatti rinunciato alla propria sovranità monetaria e fiscale, come spiega l’economista: «Aderendo all’Euro i Paesi non cedono solo la sovranità monetaria ma – di fatto, come è chiaro adesso – anche quella fiscale, cioè il potere politico di spendere in maniera anticiclica. Un potere chiave perché se un governo non ha più la libertà di spesa per ottenere risorse allora può solo inasprire le tasse o trovare qualcuno che gli presti i soldi. Come fanno la Grecia e l’Italia». 

Una situazione in cui diventa arduo per i paesi europei recuperare dopo la pandemia nonostante la martellante propaganda europeista sulle magnifiche sorti e progressive che aspettano l’Unione Europea grazie ai fondi del cosiddetto Recovery Fund: «L’Unione europea ha questa finestra offerta dal Recovery plan. Ma è molto difficile immaginare come i Paesi che fanno parte della zona Euro possano dare vita a un ambizioso programma di investimenti che combatta il cambiamento climatico senza sovranità. In qualche modo chi investe moneta la deve emettere. Solo se ci sarà un’unione fiscale, con obbligazioni europee e un budget unico, l’Unione potrà sopravvivere».

Ma nonostante la pandemia e le sue gravi ripercussioni sui tessuti economici e le vite delle persone, l’Unione Europea non sembra propensa a voler archiviare il paradigma ottuso dell’austerità: «Alla fine ciò che importa davvero sono le persone. Fino ad oggi con la pandemia abbiamo fatto compromessi inimmaginabili. Non c’è spazio per ulteriore sofferenza. L’austerità, e la Grecia lo sa, è brutale. E non serve a nulla. Non esiste mai un momento giusto per imporre misure di austerità. Economisti come Lawrence Summers e Olivier Blanchard, che per anni hanno fatto la predica sulla sostenibilità fiscale del debito, adesso dicono che non è più il rapporto tra debito e Pil a contare ma il rapporto tra il costo del debito e il Pil. In realtà entrambi gli indicatori non servono a nulla. Gli economisti tradizionali cambiano versione solo per piegare la realtà alla loro narrativa. Ma non funziona. La prova ce l’ha data il Covid. Stiamo aggiungendo migliaia di miliardi al debito Usa e la situazione economica migliora. Dobbiamo solo stare attenti ad evitare il surriscaldamento».

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