Kirinal jauregiak, Brusela-k eta Berlin-ek Draghi bultzatu duteneko unea

‘Domani’-ren primizia

Scoop di “Domani”: il momento in cui Quirinale1, Bruxelles e Berlino hanno “spinto per Draghi”

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-scoop_di_domani_il_momento_in_cui_quirinale_bruxelles_e_berlino_hanno_spinto_per_draghi/33535_39695/

Thomas Fazi

«Uomini dell’entourage di Sergio Mattarella, la Commissione europea di Ursula von der Leyen e le cancellerie di Berlino e Parigi hanno spinto per la sostituzione di Draghi subito dopo la lettura della prima bozza [del Recovery Plan]», dice un anonimo tecnico del MEF intervistato da “Domani”.

Ovviamente la retorica è sempre la solita: il Recovery Fund rappresenta un’occasione storica per l’Italia e i nostri cari partner europei erano preoccupati che non sapessimo sfruttare al meglio tutti questi fantastiliardi messi generosamente a disposizione dall’Europa, e quindi hanno pensato bene di togliere di mezzo Conte per mettercene uno più competente. Il tutto ovviamente nel nostro interesse.

Inutile dire che si tratta di una narrazione risibile. Come diciamo da tempo, il Recovery Fund non serve di certo ad aiutare l’Italia a risollevarsi economicamente, ma anzi serve a stringere ancora di più il cappio della UE attorno al collo del nostro paese. Potremmo definirlo un MES all’ennesima potenza.

Tanto per cominciare i soldi del Recovery Fund non sono né una montagna, né regalati. Il grosso dei fondi sono prestiti che andranno, ovviamente, restituiti; ma anche i cosiddetti “trasferimenti a fondo perduto” in realtà non sono tali: alla fine li dovremo rimborsare quasi tutti. Insomma, la UE si limiterà a ridarci indietro i nostri stessi soldi, come già avviene per i “normali” fondi europei.

Inoltre, il governo ha già fatto sapere che solo i trasferimenti verranno utilizzati per finanziare spese aggiuntive. Parliamo di circa 80 miliardi in sei anni: meno del deficit aggiuntivo stanziato dal governo nel solo 2020. Briciole. È lo stesso governo ad ammettere queste avranno un impatto irrisorio sull’economia: 0,3, 0,4 e 0,8 per cento del PIL nei prossimi tre anni.

Come se non bastasse, in cambio degli spicci europei dovremo anche impegnarci a tagliare la spesa pubblica per assicurare la sostenibilità del debito.

Ma arriviamo alla questione centrale, quella che interessa veramente ai nostri “amici” europei. I fondi del Recovery Fund prevedono condizionalità molto stringenti: non solo è la Commissione a decidere sostanzialmente come devono essere spesi i soldi, ma la loro ricezione è subordinata al rispetto delle raccomandazioni specifiche per paese della Commissione, che vanno da sempre nella stessa direzione: tagli della spesa pubblica, compressione del salari, deregolamentazione dei mercati del lavoro ecc.

In questo consiste, alla fine, il Recovery Fund: l’usurpazione definitiva di quel minimo di autonomia di bilancio – e dunque di democrazia – che ci era rimasta e l’accentramento di ulteriore potere nelle mani di istituzioni anti-democratiche quali la Commissione europea. Altro che “opportunità storica”!

Detto questo, se veramente vogliamo dare credito alla teoria per cui l’operazione Draghi sarebbe stata orchestrata dall’asse Berlino-Parigi-Bruxelles, il motivo non è certo quello per cui temevano che Conte non avrebbe speso i soldi nell’interesse dell’Italia, ma semmai perché temevano che non li avrebbe spesi nella maniera auspicata dalla UE (ovvero dal capitale nordeuropeo, ovvero dalla Germania).

Ma se le cose stanno così, allora Conte è una vittima della sua stessa retorica. Col senno di poi, aver investito così tanto politicamente nel Recovery Funduno strumento che ha come unico obiettivo il commissariamento de facto dell’Italia – appare come un errore strategico colossale.

Se oggi, infatti, Draghi – letteralmente l’incarnazione vivente del vincolo esterno – può presentarsi come il salvatore della patria che può garantire l’arrivo e il “buon uso” dei fantastiliardi dell’Europa, è precisamente perché Conte in primis ha avallato fin dall’inizio la logica del vincolo esterno, presentando il Recovery Fund come un generoso regalo di mamma Europa che lo scolaretto Italia avrebbe dovuto fare di tutto per meritarsi e “spendere bene”, e anzi senza i quali saremmo stati perduti. Tra l’altro illudendosi di poter scegliere come spendere i soldi.

Insomma, Conte – sospinto da MoVimento Cinque Stelle e PD – non ha fatto che alimentare l’idea dell’Italia come nazione minus habens incapace di gestire se stessa e perennemente bisognosa dell’aiuto (e a volte della “rieducazione”) di qualche “provvidenziale” attore esterno, per definizione più civilizzato e capace di noi.

Questa è precisamente la narrazione che ha prodotto una classe dirigente completamente subalterna all’Europa e strutturalmente incapace di difendere gli interessi del paese, e che ci ha ridotti in quello “stato di minorità” che è proprio di chi sente la necessità di affidare ad altri le decisioni circa le proprie priorità e il proprio destino. Non sorprende che a farne le vittime, oltre ai comuni cittadini, siano spesso proprio i politici italiani, dediti da anni ad un’operazione di autodenigrazione di se stessi e del loro paese.

Se per mesi hai ripetuto la fandonia secondo cui il Recovery Fundnei fatti due spicci concessi a debito in cambio di condizionalità peggiori del MES, come spiego nel dettaglio qui (Thomas Fazi: Recovery Fund, un MES all’ennesima potenza)2– rappresenta «la più grande occasione nella storia del paese», c’è poco da sorprendersi che oggi il popolo acclami l’arrivo dei “competenti” per gestire questa «opportunità storica». Che dire? Chi di vincolo esterno ferisce di vincolo esterno perisce.

Un ultimo appunto: indipendentemente dal fatto che il retroscena in questione sia vero o no, non si può non rimanere sorpresi di come ormai giornali “liberali” e “democratici” come “Domani” discutano apertamente del fatto che l’Europa e le principali cancellerie avrebbero pianificato, in combutta col presidente Mattarella, la rimozione di un governo e la sua sostituzione con uno più gradito, come se fosse la cosa più normale del mondo.

Ormai abbiamo completamente introiettato la nostra condizione di colonia dell’impero UE a trazione franco-tedesca. Povera patria3.


Espainierazko bertsioa, Google-ren bidez:

Hombres de la comitiva de Sergio Mattarella, la Comisión Europea de Ursula von der Leyen y las cancillerías de Berlín y París presionaron por el reemplazo de Draghi inmediatamente después de leer el primer borrador [del Plan de Recuperación]”, dice un técnico anónimo del MEF entrevistado por “ Domani ”.

Obviamente, la retórica es siempre la misma: el Fondo de Recuperación representa una oportunidad histórica para Italia y nuestros queridos socios europeos estaban preocupados de que no supiéramos cómo aprovechar al máximo todos estos miles de millones generosamente puestos a disposición por Europa, y por eso pensaron bien en deshacerse de Conte para poner uno más competente. Todo obviamente en nuestro interés.

No hace falta decir que esta es una narrativa risible. Como venimos diciendo desde hace algún tiempo, el Fondo de Recuperación ciertamente no ayuda a Italia a recuperarse económicamente, sino que sirve para apretar aún más la soga de la UE alrededor del cuello de nuestro país. Podríamos definirlo como un MES en el enésimo grado.

Para empezar, el dinero del Fondo de Recuperación no es una montaña ni un regalo. La mayor parte de los fondos son préstamos que, por supuesto, serán reembolsados; pero incluso las llamadas “transferencias no reembolsables” en realidad no lo son: al final tendremos que reembolsar casi todas. En resumen, la UE simplemente nos devolverá nuestro propio dinero, como ya ocurre con los fondos europeos “normales”. Además, el gobierno ya ha hecho saber que solo las transferencias se utilizarán para financiar gastos adicionales. Estamos hablando de unos 80 mil millones en seis años: menos que el déficit adicional asignado por el gobierno solo en 2020. Migajas. Es el propio gobierno el que admite que estos tendrán un impacto insignificante en la economía: 0,3, 0,4 y 0,8 por ciento del PIB durante los próximos tres años.

Por si fuera poco, a cambio de los dólares europeos, también tendremos que comprometernos a recortar el gasto público para garantizar la sostenibilidad de la deuda.

Pero vayamos a la cuestión central, la que realmente interesa a nuestros “amigos” europeos. Los fondos del Fondo de Recuperación tienen condiciones muy estrictas: la Comisión no solo decide esencialmente cómo se debe gastar el dinero, sino que su recepción está sujeta al cumplimiento de las recomendaciones específicas de cada país de la Comisión, que siempre han ido en la misma dirección: público gasto, compresión salarial, desregulación del mercado laboral, etc.

En definitiva, en esto consiste el Fondo de Recuperación: la usurpación definitiva de esa autonomía presupuestaria mínima – y por tanto la democracia – que nos quedaba y la centralización de más poder en manos de instituciones antidemocráticas como la Comisión Europea. ¡Aparte de la “oportunidad histórica”!

Dicho esto, si realmente queremos dar crédito a la teoría de que la operación Draghi habría sido orquestada por el eje Berlín-París-Bruselas, la razón ciertamente no es que temieran que Conte no gastara el dinero en los intereses de Italia. pero si acaso, porque temían que no los gastara de la forma deseada por la UE (es decir, por la capital del norte de Europa, es decir, por Alemania).

Pero si ese es el caso, Conte es víctima de su propia retórica. En retrospectiva, haber invertido tanto políticamente en el Fondo de Recuperación -un instrumento que tiene como único objetivo al comisario de facto de Italia- aparece como un colosal error estratégico.

Si hoy, de hecho, Draghi – literalmente la encarnación viva del vínculo externo – puede presentarse como el salvador de la patria que puede garantizar la llegada y el “buen uso” de los millones de millones de Europa, es precisamente porque Conte apoyó en primer lugar desde el principio la lógica de la coacción exterior, presentando el Fondo de Recuperación como un generoso obsequio de la madre Europa que el escolar italiano debería haber hecho todo para merecer y “gastar bien”, y de hecho sin el cual nos hubiéramos perdido. Entre otras cosas, engañarse a sí mismos de que pueden elegir cómo gastar el dinero.

En resumen, Conte, impulsado por el Movimiento Cinco Estrellas y el PD, no ha hecho más que alimentar la idea de que Italia es una nación menos habens incapaz de administrarse a sí misma y que necesita constantemente la ayuda (y a veces la “reeducación” ) de algún actor externo “providencial”, por definición más civilizado y capaz que nosotros.

Ésta es precisamente la narrativa que ha producido una clase dominante completamente subordinada a Europa y estructuralmente incapaz de defender los intereses del país, y que nos ha reducido a ese “estado de minoría” que es propio de quienes sienten la necesidad de confiar a los demás las decisiones sobre las prioridades y el destino de uno. No es de extrañar que las víctimas, además de los ciudadanos comunes, sean a menudo políticos italianos, que durante años se han dedicado a la autodenigración de sí mismos y de su país.

Si desde hace meses se viene repitiendo la mentira según la cual el Fondo de Recuperación -de hecho dos centavos otorgados en deuda a cambio de peores condicionalidades que el MEDE, como explico en detalle aquí- representa “la mayor oportunidad en la historia del país”. Poco es de extrañar que hoy la gente aclama la llegada de los “competentes” para gestionar esta “oportunidad histórica”. ¿Qué decir? Quien hiere por coacción externa, muere.

Una última nota: independientemente de si los antecedentes en cuestión son ciertos o no, uno no puede dejar de sorprenderse de cómo ahora los periódicos “liberales” y “democráticos” como “Domani” discuten abiertamente el hecho de que Europa y las principales cancillerías habrían planeó, en alianza con el presidente Mattarella, la destitución de un gobierno y su reemplazo por uno más bienvenido, como si fuera lo más normal del mundo.

A estas alturas hemos introyectado completamente nuestra condición de colonia del imperio franco-alemán de la UE. Pobre patria.

Iruzkinak (1)

  • joseba

    Gehigarria:
    Europar Batasuna: ez demokrazia, ez lege araua, ez elkartasuna, ez giza eskubideak, ez mirari ekonomikoa!
    (https://www.unibertsitatea.net/blogak/heterodoxia/2021/02/02/europar-batasuna-ez-demokrazia-ez-lege-araua-ez-elkartasuna-ez-giza-eskubideak-ez-mirari-ekonomikoa/)

    “Then came Draghi who intensified the public bond buying program and provided the private banks with cheap liquidity because he knew that the EMU was close to collapse.

    He is often cast as a the ‘good’ guy after Trichet.

    But anyone who believes that doesn’t know much about him, history or anything.

    Draghi came into the ECB president’s role via Goldman Sachs then the boss of the Bank of Italy.

    But much earlier he was the chief Treasury official in Italy and oversaw the largest privatisation plan to date as the chair person of the national committee for privatisation.

    Apparently, on June 2, 1992, in that role, he met a group of British bankers on Queen Elizabeth II’s yacht anchored near Rome to help him achieve dramatic cuts to the Italian public sector.

    What followed was a massive sell-off of public companies and a massive redistribution of public wealth to the financial markets.

    He sold off the utilities, the highway system, construction and energy operations and more.

    His next position was with Goldman Sachs.

    He was not a saint compared to Trichet. Trichet was just ordinary stupid neoliberal. Draghi was rat cunning neoliberal with a better smile.

    But a lot of progressives got sucked in to thinking he was then nice face of Europe.

    But he was disaster for Europe.

    He gave an interview to the Wall Street Journal, which was published on February 24, 2012 – Europe’s Banker Talks Tough.

    He told the journalists that there was:

    … no escape from tough austerity measures and that the Continent’s traditional social contract is obsolete … Europe’s vaunted social model—which places a premium on job security and generous safety nets … is ‘already gone’ … Backtracking on fiscal targets would elicit an immediate reaction by the market …

    That last point about the “market” was the exemplar of disingenuity, given he knew that the ECB could control yields at any level it chose and if need be completely deal the bond investors out of the equation.

    Perry Saunders writes that in August 2011, Draghi and Trichet sent a “secret letter to the Berlusconi, then Italian prime minister, demanding that he resort to a Cold War emergency mechanism to cut pensions and other public expenditures – an unprecedented violation of its mandate by the bank.”

    And while pressuring elected politicians to invoke harsh austerity which was beyond any remit of the so-called ‘independent’ central bank, they both invoked QE schemes which were obviously in violation of the no bailout clauses in the treaty.

    On February 8, 2012, just before Draghi gave his WSJ interview, the Financial Times published an exposee of the way that Draghi and Trichet ran the ECB – see Eurozone crisis: A deft way to buy time.

    Draghi had only just assumed his position as President (2 weeks earlier) and was confronted with the reality that the currency union was in danger of collapsing because of impending insolvencies of some Member States (including Italy).

    He denied he would ramp up the QE, that Trichet had started in May 2010 under the guise of the Securities Markets Program.

    At a meeting with bankers he crafted the bank bailouts at a function where the guests were “being offered white wines from the nearby Pfalz region” which provided a “wall of money” to the private sector, while publicly demanding governments hack into pensions and sell off public assets for cheap.

    This was his workaround of the Treaty rules. Pump money into the private sector rather than the public sector. But eventually he had to do both and so heads were turned and eyes closed as he oversaw massive bond buying programs that were “in blatant breach of Articles 123 and 125 of the Treaty of Lisbon”.”

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