DTM: Mapa kontzeptuala

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Mappa concettuale

Questa mappa concettuale nasce per uno scopo ambizioso: fornire al pubblico generico interessato alla MMT un riferimento completo e rigoroso, ma allo stesso tempo semplice, anche se “non troppo semplice” (A. Einstein).

Ogni capitolo della mappa tratta un argomento della MMT, presentandolo in tre modi: con una spiegazione teorica, con un esempio, e infine con uno schema riassuntivo. La spiegazione teorica serve a capire, l’esempio a cogliere i dettagli, lo schema a ricordare.

Nella data della pubblicazione, la mappa è composta da 4 capitoli, che coprono i punti cardine della MMT:

  1. il concetto di valuta come monopolio pubblico;
  2. le operazioni di spesa pubblica e tassazione;
  3. il deficit pubblico e l’equivalenza con il risparmio privato;
  4. la disoccupazione come conseguenza di un deficit pubblico troppo piccolo.

Questi quattro capitoli sono il cuore della MMT, ma da essi è possibile trarre qualcosa in più che semplici nozioni: è possibile iniziare a pensare in modo diverso, cogliendo aspetti nuovi delle dinamiche economiche. In questo modo la teoria stessa può essere sviluppata, ampliata e resa capace di affrontare problematiche di complessità sempre maggiore. Per questo motivo, la forma di questa mappa è pensata per essere estendibile.

La mappa concettuale è consultabile da PC o Mac con il browser che preferisci, mentre per visualizzarla al meglio da smartphone o tablet ti consigliamo di scaricare prima l’app Prezi Viewer per Android oppure Prezi Viewer per iOS. Per procedere in modo lineare, puoi utilizzare gli appositi pulsanti > e < in basso nella mappa.

MMT

Mappa Concettuale

MONOPOLISTA DELLA VALUTA

1

Monopolista della Valuta

Il concetto di monopolio della valuta costituisce il fulcro della Teoria della Moneta Moderna.

In questa sezione ne illustriamo il significato e le immediate implicazioni.

4 Step

01.

Lo Stato, che detiene il potere militare,

vuole approvvigionarsi di forza-lavoro, beni e servizi

02.

Esso impone una tassazione

denominata in una valuta di cui è monopolista

03.

La popolazione ha bisogno della valuta dello Stato

per pagare le tasse: nasce la domanda di valuta

04.

La popolazione è disposta a lavorare o vendere beni

e servizi in cambio della valuta di Stato

La Teoria

“Era questo il nocciolo del metodo coercitivo utilizzato dagli Inglesi: obbligare i Ghanesi a lavorare per sé non con la forza bruta, ma con la tassazione”

Leggi:

http://bit.ly/m-monopolista-valuta

Monopolista della valuta

Teoria

La descrizione dei sistemi monetari fornita dalla Teoria della Moneta Moderna (o MMT, “Modern Money Theory”) si avvale di un’osservazione fondamentale e distintiva, che diviene ipotesi di fondo della teoria:

La valuta è creata dallo Stato in regime di monopolio

In questa sezione ci occuperemo di spiegare meglio questo concetto le sue immediate implicazioni.

Lo Stato, ai fini della MMT, è un’autorità centrale che detiene il potere militare su una certa popolazione e vuole ricavare da essa forza-lavoro, beni e servizi.

A tale scopo, lo Stato potrebbe procedere adoperando il proprio potere militare in modo diretto, immediato. Potrebbe obbligare la popolazione che risiede sul territorio che controlla a lavorare per sé con la forza bruta. Nella Storia non sono mancati casi del genere, ma con la nascita delle unità di conto e del conio, un altro metodo viene progressivamente sviluppato. Lo Stato si avvale della propria forza in modo indiretto, imponendo alla popolazione il pagamento delle tasse. La peculiarità di questa operazione sta nel fatto che l’unico oggetto accettato dallo Stato come pagamento delle tasse è la valuta che esso stesso emette, in regime di monopolio. Il mancato pagamento delle tasse comporta, nelle varie fattispecie storiche, altrettanti tipi di azioni violente dirette da parte dello Stato, come la detenzione, il pignoramento di beni personali o la loro distruzione.

In tale situazione, qualunque soggetto è obbligato a pagare le tasse con la valuta dello Stato. Come immediata conseguenza, in tutti gli agenti economici nasce il bisogno di procacciarsi una quantità di valuta sufficiente a pagare le tasse. In altre parole, la popolazione manifesta una certa domanda di valuta, almeno pari all’ammontare complessivo della tassazione.

Ogni agente economico, al fine di procurarsi la valuta che necessita per pagare le tasse, offre in vendita forza-lavoro, beni o servizi.

A questo punto, lo Stato, in qualità di unico emettitore della valuta, è nella condizione di poter spendere la propria valuta per portare a termine il proprio originario obiettivo: ottenere forza-lavoro, beni e servizi dalla popolazione.

L’economia diviene così un “sistema monetario”, poiché tutti sono disposti ad accettare la valuta dello Stato in pagamento e, di conseguenza, tutti sono nella condizione di servirsene, oltre che per pagare le tasse, per comprare beni o servizi dagli altri soggetti, sottoposti a loro volta alla tassazione, e dunque in cerca di valuta.

La valuta acquista dunque la proprietà di mezzo di pagamento, in virtù del valore ad essa conferito dalla coercizione della tassazione.

In questo modo, nasce un “mercato” in cui l’unità di conto utilizzata per quantificare il valore delle merci è la stessa in cui è denominata anche la valuta dello Stato (sterline, yen, euro, ecc.).

Esempio

Il Ghana del XIX secolo non conosceva la moneta, tutti erano impegnati nella pesca, nella caccia e in altre attività tipiche di una società primitiva. Nessuno aveva bisogno di “soldi” per pagare alcunché e dunque nessuno ne era in cerca.

Ma la potenza coloniale inglese, che aveva grande interesse nello sfruttare quei territori per la produzione di caffè, dovette trovare un modo per obbligare la popolazione autoctona a lavorare nelle proprie piantagioni.

Se da un lato è vero che gli inglesi avrebbero potuto costringere con la forza bruta i Ghanesi a lavorare nelle piantagioni, di fatto schiavizzandoli, dall’altro questo sarebbe stato un modo alquanto oneroso di gestire la situazione, in termini di risorse umane e materiali. Il metodo di cui essi si servirono per approvvigionarsi di manodopera fu infatti un altro: imposero una tassa sulle capanne denominata in sterline inglesi, valuta emessa solamente dall’autorità coloniale. A coloro i quali non avessero pagato le tasse, gli inglesi avrebbero bruciato la capanna.

L’imposizione della tassazione in sterline generò una domanda di sterline all’interno del territorio coloniale: la popolazione aveva bisogno delle sterline inglesi per pagare le tasse e salvare le proprie capanne. Tuttavia nessuno, almeno inizialmente, deteneva sterline inglesi: l’unica “fonte” di sterline era l’autorità coloniale. Era questo il nocciolo del metodo coercitivo utilizzato dagli inglesi: obbligare i Ghanesi a lavorare per sé non con la forza bruta, ma con la tassazione. Essendo gli unici emettitori delle sterline, gli inglesi erano gli unici “datori di lavoro” plausibili per i Ghanesi, che dovettero accettare di lavorare nelle piantagioni di caffè.

Inizialmente la popolazione era refrattaria all’idea di lavorare direttamente per i dominatori inglesi: essa preferiva vendere all’autorità coloniale dei beni reali, piuttosto che la propria forza-lavoro. Questa volontà, tuttavia, venne ben presto smorzata dalla scelta unilaterale del governo inglese di pagare in sterline solamente la forza-lavoro, e nessun altro bene reale.

La domanda di valuta generata dalla tassazione portò alla monetizzazione dell’economia ghanese, creò un mercato interno, prima inesistente, che distrusse le precedenti forme di produzione e di distribuzione della ricchezza.

SPESA PUBBLICA E TASSAZIONE

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Spesa Pubblica e Tassazione

La spesa pubblica e la tassazione sono gli strumenti con cui il monopolista immette ed estrae valuta dal sistema economico.

In questa sezione ne analizziamo la natura e la correlazione.

Lo Schema

La popolazione lavora per lo Stato in cambio di valuta.

Lo Stato, tramite la spesa pubblica, crea nuova valuta, garantendo di accettarla in pagamento delle tasse.

La popolazione paga le tasse con la valuta precedentemente ricevuta.

Le tasse non possono finanziare la spesa pubblica: è vero l’esatto opposto.

– Lo Schema –

La valuta è un debito fiscale per lo Stato e un credito fiscale per la popolazione.

Avvenuto il pagamento delle tasse, il rapporto di debito/credito fiscale è estinto, e la valuta distrutta

La Teoria

“Ciò che i Ghanesi certamente sapevano era che il monopolista della valuta doveva prima spendere le sterline e, solo in un secondo momento, ritirarle con le tasse, così da permettere al ciclo di ricominciare”

Leggi:

http://bit.ly/m-spesa-tassazione

Spesa pubblica e tassazione

Teoria

La Storia ci dice che ogniqualvolta un’autorità abbia imposto l’uso di una determinata unità di conto, questa è sempre stata utilizzata per quantificare, per “misurare”, l’entità dei rapporti di debito/credito (approfondisci qui, in inglese). Nelle economie monetarie in cui uno Stato impone, con la tassazione, l’utilizzo di una valuta di cui è monopolista, la natura del rapporto di debito/credito che essa rappresenta è di tipo puramente fiscale.

La valuta di Stato è un contratto tra monopolista e utilizzatori. Quando lo Stato la spende per comprare beni e servizi dalla popolazione, è come se vi scrivesse sopra:

Questo certificato può essere utilizzato per pagare le tasse

La valuta rappresenta quindi un credito fiscale dell’utilizzatore nei confronti del monopolista, e ovviamente un debito fiscale del monopolista nei confronti dell’utilizzatore.

Tale rapporto di debito/credito esiste fintanto che gli utilizzatori non pagano le tasse. Quando ciò avviene, il rapporto viene estinto e la valuta distrutta: lo Stato, accettando la valuta in pagamento, tiene fede alla propria promessa e salda il proprio debito fiscale con l’utilizzatore. Appare a questo punto ancora più chiaro come la valuta non sia altro che uno strumento utilizzato dal monopolista per approvvigionarsi di beni e servizi reali.

È quindi impossibile che le tasse possano finanziare la spesa pubblica. Le tasse distruggono rapporti di debito/credito: come potrebbe questo servire a crearne di nuovi? Se proprio dovessimo fare un ragionamento in questi termini, dovremmo dire che la spesa pubblica finanzia il pagamento delle tasse.

In parole più semplici: dato che il monopolista della valuta è l’unico soggetto abilitato a crearla, esso non può che immetterla nel sistema prima di poterla estrarre da esso.

Esempio

L’imposizione della tassazione in sterline inglesi da parte dell’autorità coloniale portò il popolo ghanese ad esprimere una domanda di sterline verso l’autorità stessa, monopolista della valuta.

Al fine di approvvigionarsi della forza-lavoro della popolazione, gli Inglesi spendevano le sterline, che venivano poi utilizzate dai Ghanesi per pagare la tassa sulle capanne.

Nel momento in cui un contadino aveva lavorato per l’autorità, questa gli conferiva una certa somma in sterline, la cui unica peculiarità era quella di consentire al suo detentore di pagare una somma equivalente di tasse. Non vi erano altri usi garantiti dal monopolista. Egli non offriva oro o altri beni o servizi in cambio delle sterline: si limitava ad accettarle come pagamento delle imposte.

In questo modo, i Ghanesi erano costretti a lavorare per gli Inglesi sostanzialmente in cambio di nulla. Tutto ciò che ricevevano era un credito fiscale nei confronti dell’autorità coloniale.

Ciò che i Ghanesi certamente sapevano era che il monopolista della valuta doveva prima spendere le sterline, e solo in un secondo momento le ritirava con le tasse, così da permettere al ciclo di ricominciare. Le sterline venivano così create e poi distrutte, come strumento di continuo sfruttamento della popolazione.

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In questa sezione definiamo i concetti di “settore pubblico” e “settore privato”.

Inoltre analizziamo i legami finanziari che intercorrono fra i due settori.

DEFICIT PUBBLICO

Deficit Pubblico

Lo Schema

La valuta che resta nel settore privato (risparmio netto) è ciò che lo Stato ha speso, ma non ancora riscosso: il deficit pubblico.

Lo Stato spende verso il settore privato creando la valuta, in cambio di forza-lavoro, beni e servizi.

La valuta è “consumata” se viene utilizzata per pagare le tasse nello stesso periodo in cui viene creata.

– Lo Schema –

La valuta è “risparmiata” se viene accantonata in vista di tasse future.

La Teoria

“Il deficit pubblico equivale contabilmente alla quantità di valuta che gli utilizzatori, complessivamente, non ‘consumano’ per pagare le tasse di quell’anno, ma ‘risparmiano’ per uso futuro”

Leggi:

http://bit.ly/m-deficit-pubblico

Deficit pubblico

Premessa

In questa sezione ci interessiamo ai vincoli contabili che interessano i rapporti finanziari tra il monopolista della valuta e tutti gli altri agenti che la utilizzano come mezzo di pagamento: gli “utilizzatori” della valuta.

Ci riferiamo al monopolista della valuta, lo Stato, anche parlando di “settore pubblico“; parlando di “settore privato” ci riferiamo invece agli utilizzatori (“tutti gli altri”). Facciamo notare che il “settore privato” non va identificato nella sola popolazione nazionale, ma nell’insieme di tutti i soggetti, nel mondo, che utilizzano la valuta in questione come mezzo di pagamento. Ad esempio, il settore privato associato al franco svizzero non è identificato dalla sola popolazione svizzera, ma dall’insieme di tutti gli agenti economici che, nel mondo, utilizzano franchi svizzeri.

Teoria

La spesa pubblica è l’operazione con cui il monopolista crea la valuta, una volta ricevuti in cambio forza-lavoro, beni o servizi. Una volta avvenuta la creazione di una unità di valuta, ad essa sono concessi solo due destini possibili:

  1. Essa potrà essere usata immediatamente, nello stesso anno[1] in cui è stata creata, per pagare le tasse. Facendo un’analogia con i beni reali, potremmo dire che, in questo caso, la valuta viene “consumata“.
  2. In alternativa essa potrà essere accantonata, allo scopo di poterne fruire in uno degli anni successivi per pagare tasse future. In questo caso la valuta viene “risparmiata“: non viene utilizzata subito per svolgere la funzione per cui è stata creata, cioè pagare le tasse, ma messa da parte per poter essere utilizzata in futuro. La stessa cosa può essere fatta, se ci pensiamo, con quasi tutti i beni reali.

Quest’analogia ci permette di arrivare a un concetto molto importante: la differenza tra spesa pubblica e tasse riscosse durante un certo anno, detta deficit pubblico, equivale contabilmente alla quantità di valuta che gli utilizzatori, complessivamente, non “consumano” per pagare le tasse di quell’anno, ma “risparmiano” per uso futuro. Dunque il deficit pubblico corrisponde al risparmio privato.

Per essere più precisi e non sovrapporre la nostra terminologia con quella di uso corrente in economia, parliamo di risparmio netto riferendoci al risparmio finanziario complessivo del settore privato, come definito nella premessa, denominato nella specifica valuta di riferimento.

Il deficit pubblico - Schema

Esempio

Immaginiamo che, in Ghana, il governo coloniale inglese, a partire dalla giornata di lunedì, voglia ottenere almeno 1˙000 ore di lavoro giornaliere dalla popolazione, stabilendo un salario di 1 sterlina all’ora.

Esso impone il pagamento a fine giornata di una tassa complessivamente pari a 1˙000 sterline. Così facendo, il governo, monopolista delle sterline, è sicuro di raggiungere il suo obiettivo, poiché la popolazione ghanese dovrà procacciarsi almeno 1˙000 sterline vendendo un’ora di lavoro al governo inglese per ciascuna di esse.

Se fino ad ora abbiamo considerato la situazione dal punto di vista del monopolista inglese, poniamoci adesso dall’altra parte. La tassazione giornaliera ammonta a 1˙000 sterline, quindi, per la popolazione ghanese, non solo sarà necessario ottenere 1˙000 sterline per pagare le tasse di lunedì, ma potrà essere utile lavorare un certo numero di ore aggiuntive lunedì così da poter eventualmente pagare, con la valuta ricavata, anche parte delle tasse di martedì. Questa decisione avrebbe l’effetto di garantire al settore privato ghanese una certa “libertà” dal lavoro nelle piantagioni nella giornata di martedì.

Ipotizziamo allora che la popolazione chieda di lavorare 1˙500 ore lunedì, per ottenere 1˙500 sterline: la domanda di valuta ammonta a 1˙500 sterline. Di queste, 1˙000 verranno distrutte, “consumate” immediatamente, con il pagamento delle tasse di lunedì; le restanti 500 verranno accantonate, “risparmiate“, così da poter essere utilizzate per pagare le tasse martedì.

Il giorno seguente, il settore privato ghanese si troverà davanti alla stessa scelta: lavorare solo le 500 ore necessarie a pagare le tasse (500 sterline erano state risparmiate il giorno prima), oppure lavorarne di più per accumulare un risparmio da “consumare” eventualmente il mercoledì.

Supponendo che il governo acconsenta di acquistare tutte le ore di lavoro che la popolazione vuole vendergli (ai fini di questa sezione non è importante la motivazione del governo), arriviamo ai fatti. Nella giornata di lunedì, il governo spende 1˙500 sterline e si approvvigiona di 1˙500 ore di lavoro. La popolazione paga le tasse con 1˙000 sterline e ne risparmia 500. Il deficit del governo inglese è dato dalle sue uscite, 1˙500 sterline, meno le entrate, 1˙000 sterline, quindi è pari a 500 sterline. Il deficit del monopolista equivale quindi al risparmio del settore privato.

Note dell’Autore

1.^ Qualsiasi periodo di tempo è equivalente: un mese, un giorno, ecc.

Disoccupazione

DISOCCUPAZIONE

4

In questa sezione dimostriamo come la disoccupazione, per uno Stato monopolista della valuta che riscuote in pagamento delle tasse, sia sempre una scelta politica.

Lo Schema

Solo il monopolista può soddisfare la domanda di valuta, comprando tutta l’offerta di lavoro.

Se il settore privato volesse risparmiare valuta dopo aver pagato le tasse, solo il deficit pubblico potrebbe comprare tutta l’offerta di lavoro.

Se il monopolista non soddisfacesse tutta la domanda di valuta, parte dell’offerta di lavoro rimarrebbe invenduta.

La disoccupazione è la prova che il deficit pubblico è troppo piccolo

– Lo Schema –

La Teoria

“Si può avere piena occupazione solamente se il monopolista della valuta accetta di spendere in deficit un ammontare equivalente alla volontà di risparmio netto del settore privato”

Leggi:

http://bit.ly/m-disoccupazione

La disoccupazione è la prova che il deficit è troppo piccolo.

Warren Mosler

Disoccupazione

Teoria

La tassazione in valuta, imposta coercitivamente dallo Stato in forza del suo potere militare, ha generato il bisogno di procacciarsi valuta nel settore privato. Questo bisogno, da noi identificato con il termine “domanda di valuta”, porta il settore privato ad offrire lavoro, beni e servizi allo Stato, monopolista della valuta, in cambio della stessa.

A questo punto si pone la scelta, da parte dello Stato, di comprare o meno tutta la forza-lavoro offerta dal settore privato. Evidentemente, se la scelta dovesse essere quella di non comprare tutta l’offerta di lavoro, all’interno del settore privato resterebbero soggetti che, pur essendo disposti a lavorare in cambio di valuta, non vengono occupati né, tantomeno, remunerati. Questa condizione risponde esattamente alla definizione di disoccupazione.

Per non lasciare nulla al caso, definiamo meglio il termine:

È disoccupato chi offre la propria forza-lavoro in cambio di valuta ma non trova nessuno disposto ad acquistarla.

Al contrario, non è disoccupato chi:

  • non offre il proprio lavoro (non “cerca lavoro”),
  • offre lavoro volontario (non remunerato),
  • offre un lavoro remunerato in un oggetto diverso dalla valuta.

La disoccupazione è quindi possibile solamente in un sistema monetario: se non esistesse la valuta, nessuno offrirebbe il proprio lavoro per ottenerla. In mancanza di un’offerta, nessuno avrebbe occasione di respingerla… Anzi: la disoccupazione è denominata in una specifica valuta, siccome chi offre il proprio lavoro lo offre in cambio di quella determinata valuta. Potremmo dire che si è disoccupati “in euro”, “in sterline”, “in franchi”, ecc.

Ma richiamiamo le considerazioni fatte nella sezione precedente: ogni volta che il monopolista spende, esso crea valuta nel settore privato; ogni volta che riscuote le tasse, esso distrugge valuta. Ciò che il settore privato “risparmia”, ovvero la quantità di valuta che resta nel settore privato dopo un ciclo di spesa e tassazione, è equivalente a ciò che lo Stato ha speso ma non ancora riscosso: il deficit pubblico.

Dunque, se il desiderio di risparmio netto del settore privato fosse maggiore di zero (come accade da quando esistono le valute), solo un equivalente deficit pubblico potrebbe soddisfarlo. Ma se il settore privato desidera accumulare nuova valuta, allora esso è anche disposto a vendere lavoro, beni e servizi al monopolista della valuta in misura superiore rispetto a quanto basterebbe per pagare le tasse. La totalità della domanda di valuta sarà data perciò dall’ammontare della tassazione sommata al risparmio desiderato, e identica sarà l’offerta di lavoro che il monopolista della valuta si troverà a fronteggiare.

La disoccupazione - Domanda di valuta

Dunque è chiaro che la condizione affinché si abbia piena occupazione, ovvero affinché tutta l’offerta di lavoro venga comprata, è che il monopolista scelga di spendere a sufficienza per coprire l’ammontare dell’intera domanda di valuta. Ciò è equivalente a dire che si può avere piena occupazione solamente se il monopolista della valuta accetta di spendere in deficit un ammontare equivalente alla volontà di risparmio netto del settore privato.

Se il deficit effettivo dovesse essere inferiore a tale volontà di risparmio netto, ciò si tradurrebbe inevitabilmente nella presenza di alcuni soggetti che vorrebbero vendere la propria forza-lavoro al monopolista, rimanendo tuttavia disoccupati.

In altre parole:

La disoccupazione è la prova che il deficit è troppo piccolo

[W. B. Mosler]

Esempio

La tassazione di 1˙000 sterline giornaliere, imposta al popolo ghanese dal governo inglese, obbliga i Ghanesi a lavorare per evitare che la propria capanna venga bruciata. Il salario offerto dal governo ammonta a una sterlina all’ora, quindi il popolo ghanese deve offrire almeno 1˙000 ore di lavoro al monopolista della valuta, il governo inglese.

Nella sezione precedente abbiamo già ipotizzato che il popolo desideri mettere da parte 500 sterline per poter eventualmente pagare tasse future, esprimendo quindi una “volontà di risparmio netto” di 500 sterline.

In totale, quindi, il popolo ghanese offre al governo inglese 1˙500 ore di lavoro: 1˙000 per pagare le tasse, 500 per poter risparmiare.

Immaginiamo, diversamente da come abbiamo fatto precedentemente, che il governo inglese decida di spendere, nella giornata in questione, un massimo di 1˙300 sterline [1]. Questo equivale ad acquistare solo 1˙300 delle 1˙500 ore di lavoro offerte, lasciando senza occupazione e remunerazione coloro i quali offrono le restanti 200 ore. Costoro, a tutti gli effetti, sono disoccupati, siccome offrono lavoro in cambio di valuta ma non trovano nessuno disposto ad acquistarlo.

A livello finanziario, il governo inglese registra una spesa di 1˙300 sterline, per poi riscuotere 1˙000 di esse con la tassazione. Il deficit, la differenza tra spesa e tasse, ammonta quindi a 300 sterline.

Osserviamo che il desiderio di risparmio dei Ghanesi, che ammontava a 500 sterline, era di 200 sterline superiore al deficit effettivo del governo inglese. Proprio le 200 sterline mancanti, associate alle 200 ore di lavoro offerte ma non comprate.

Se, al contrario, il governo avesse speso 1˙500 sterline, queste sarebbero state sufficienti a comprare tutta l’offerta di lavoro, determinando la piena occupazione.

Osserviamo quindi come la condizione di piena occupazione sia una condizione sempre raggiungibile da uno Stato monopolista della valuta che riscuote in pagamento delle tasse.

Note dell’Autore

1.^ Ad esempio per non lasciare troppa valuta in mano alla popolazione a fine giornata, poiché questo potrebbe sfociare in una minore offerta di lavoro il giorno successivo.

Utzi erantzuna

Zure e-posta helbidea ez da argitaratuko. Beharrezko eremuak * markatuta daude