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Thomas Fazi: «Quei professori che fanno propaganda per l’Ue»
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Thomas Fazi: «Quei professori che fanno propaganda per l’Ue»
(https://krisis.info/it/2025/09/aree/europa/thomas-fazi-quei-professori-che-fanno-propaganda-per-lue/)
Rapporto dell’analista rivela che Bruxelles spende 25 milioni di euro l’anno per diffondere le proprie politiche nelle università.
19 Settembre 2025
«La grotta di Platone», attribuita a Michiel Coxcie, metà del XVI secolo. Wikimedia Commons. Licenza CC BY-SA 4.0.
Krisis pubblica un estratto del rapporto di Thomas Fazi sul Programma Jean Monnet, realizzato per MCC Brussels, un think tank ungherese. Lanciato nel 1989 dalla Commissione Europea con scopi accademici, oggi finanzia università e istituti di ricerca con circa 25 milioni di euro l’anno per diffondere contenuti pro-Ue. Operativo in oltre 70 Paesi, il Programma promuove per lo più narrazioni ideologiche, allineando ricerca e insegnamento alle priorità politiche dell’Ue e coinvolgendo media e società civile. Fazi sottolinea che la posta in gioco è la libertà accademica.
Ascolta l’articolo, narrato da Giulio Bellotto:
Il Programma Jean Monnet è stato lanciato dalla Commissione Europea nel 1989 per incoraggiare l’insegnamento e la ricerca sull’integrazione europea nelle università. Da allora è diventato uno degli strumenti più efficaci – e meno valutati criticamente – dell’Unione Europea per modellare il modo in cui l’Europa viene insegnata, ricercata e compresa. Sotto il rispettabile vessillo del «promuovere l’eccellenza nell’insegnamento e nella ricerca sui temi Ue», il programma canalizza milioni di euro verso università e istituti di ricerca, premiando chi allinea il proprio lavoro con l’agenda politica di Bruxelles.
Ciò che è iniziato come un’iniziativa accademica si è trasformata in una rete estesa di cattedre, moduli, centri di eccellenza e istituzioni designate, che ora funzionano come braccio accademico di promozione dell’Ue — diffondendo narrazioni pro-integrazione nei curricula, producendo ricerche in linea con le priorità ufficiali ed estendendo l’influenza ben oltre le mura universitarie, fino ai media, alla società civile e ai circoli decisionali.
Questo documento analizza il funzionamento del programma, i presupposti ideologici incorporati nei meccanismi di finanziamento e il suo ruolo in quello che può essere definito il complesso Ue-ong-media-accademia, un ecosistema che si auto-alimenta e che rende indistinti i confini tra istruzione e propaganda politica. Spiega anche perché questa politicizzazione dell’istruzione superiore rappresenti non solo una distorsione delle priorità scientifiche, ma una minaccia diretta alla libertà accademica (…).
Il rapporto di Thomas Fazi «Professors of propaganda», realizzato per MCC Brussels.
Il Programma Jean Monnet, lanciato nel 1989 e ora parte di Erasmus+, è stato originariamente concepito come un’iniziativa volta a promuovere l’eccellenza nell’insegnamento e nella ricerca sull’integrazione europea. Da allora si è evoluto in uno strumento potente per integrare le priorità politiche dell’Ue e l’agenda a favore dell’integrazione nell’accademia e in generale nella società.
Il Programma Jean Monnet destina circa 25 milioni di euro all’anno a università e istituti di ricerca in tutto il mondo tramite cattedre universitarie, moduli, centri di eccellenza e istituzioni designate. Le attività si estendono oltre le aule, coinvolgendo media, società civile e circoli decisionali.
Le attività Jean Monnet sono diffuse in più di 70 Paesi, coinvolgono oltre 1.500 docenti e raggiungono circa 500.000 studenti ogni anno.
Molti dei progetti finanziati mirano esplicitamente a «promuovere l’integrazione europea», «favorire l’identità europea», «rafforzare i valori dell’Ue», «contrastare l’ascesa dell’euroscetticismo e dei partiti populisti o di estrema destra», «invertire le dinamiche di de-europeizzazione nell’UE e oltre» e «contrastare la disinformazione e la propaganda anti-Ue».
Tali iniziative sono chiaramente progettate per influenzare le percezioni degli studenti sull’Ue e per amplificare narrazioni pro-Ue, inserendole in tutti i campi delle scienze sociali: storia, diritto, scienze politiche, economia, eccetera. Le attività Jean Monnet sono strutturalmente allineate con le priorità strategiche dell’Ue — dal Green Deal e al contrasto alla disinformazione fino alle iniziative sullo stato di diritto e sulla governance globale.
In generale, il programma trasforma la ricerca accademica – che dovrebbe essere aperta, libera dall’influenza politica e finalizzata all’avanzamento della conoscenza e della comprensione – in ricerca orientata a sostenere una posizione, che parte da una proposta di valore («l’Ue è benefica») e mira a produrre «evidenze» a sostegno di essa.
Le strutture di finanziamento incentivano la conformità con le priorità Ue, scoraggiano prospettive critiche e promuovono ricerche con risultati politici predeterminati, ossia ricerca orientata a sostenere una posizione. Ciò mina i principi humboldtiani (elaborati dall’educatore prussiano Wilhelm von Humboldt, sono alla base del modello di università moderna, ndr) di autonomia accademica e di ricerca libera da interferenze politiche.
La statua dedicata a Wilhelm von Humboldt su Unter den Linden a Berlino. Wikimedia Commons. Licenza CC BY-SA 3.0.
I centri di eccellenza Jean Monnet e le istituzioni designate Jean Monnet sono i nodi centrali del ramo accademico di propaganda dell’Ue. Essi sono formalmente tenuti a mantenere un «allineamento continuo e frequente» tra insegnamento e ricerca e le priorità politiche dell’Ue, promuovendo l’identità europea. Le sette istituzioni designate, come l’Istituto Universitario Europeo e il College of Europe, collaborano strettamente con le istituzioni Ue e ricevono finanziamenti sostanziali.
Le attività Jean Monnet non mirano solo a promuovere le politiche e gli obiettivi dell’Ue all’interno dell’istruzione, ma anche nella società in generale. I beneficiari dei finanziamenti Jean Monnet non sono solo chiamati a produrre ricerche in linea con l’agenda normativa e geopolitica dell’Ue, ma anche a svolgere attività di divulgazione: organizzare eventi pubblici, interagire con media, ong e altre organizzazioni della società civile e diffondere i contenuti delle loro «ricerche» al pubblico. Questa è un’altra caratteristica tipica di ricerca orientata a sostenere una posizione, rispetto alla ricerca accademica tradizionale.
Tale modello si può descrivere come una forma di «propaganda per procura», in cui la ricerca è finanziata e modellata secondo le priorità Ue, producendo narrazioni approvate dall’Ue che vengono successivamente diffuse al pubblico attraverso conferenze, coinvolgimento con i media e attività di outreach. Queste entità accademiche fanno parte di un complesso più ampio Ue-ong-media-accademia, in cui ogni settore amplifica e legittima le narrazioni degli altri. Le partnership con media e società civile in iniziative come lo European Digital Media Observatory contro la disinformazione sfumano i confini tra ricerca, ricerca orientata a sostenere una posizione e propaganda istituzionale.
Classifica delle università europee con il maggior numero di cattedre Jean Monnet assegnate. Fonte: Thomas Fazi, “Professors of Propaganda”, MCC Brussels.
Il coinvolgimento delle istituzioni accademiche dell’Ue a fini politici non si limita all’Unione stessa. Il Programma Jean Monnet opera oggi in oltre 70 Paesi, dove è parte integrante della diplomazia pubblica dell’Ue o degli sforzi di soft power, modellando la percezione internazionale dell’Ue e promuovendo gli interessi geopolitici del blocco.
Le operazioni all’estero tendono a concentrarsi sui Paesi chiave per la strategia geopolitica dell’Ue: negli ultimi anni, centinaia di progetti Jean Monnet sono stati realizzati in Ucraina, molti mirati esplicitamente a favorire l’integrazione del paese nell’Ue e nel blocco euro-atlantico in generale.
Il Programma Jean Monnet viene anche utilizzato per promuovere l’allargamento dell’Ue, preallineando i sistemi legali, normativi ed educativi dei potenziali membri agli standard europei.
Il Programma Jean Monnet, lungi dall’essere solo un’iniziativa educativa, è strutturato esplicitamente, a tutti i livelli, come uno strumento accademico volto a proiettare e promuovere le preferenze politiche dell’Ue, integrando contenuti pro-Ue nei curricula, modellando il discorso sull’integrazione europea ed estendendo la portata ideologica dell’Ue ben oltre i confini dell’Unione.
Il rettorato dell’Universidad Complutense de Madrid. Foto Carlos Delgado. Wikimedia Commons. Licenza CC-BY-SA.
Salvaguardare l’integrità accademica richiede la fine dei meccanismi di finanziamento guidati dalla politica, il ripristino dell’indipendenza istituzionale e la riaffermazione del modello humboldtiano come fondamento dell’istruzione superiore. Ad esempio attraverso:
- Depoliticizzazione dei finanziamenti alla ricerca
- Rispetto della libertà e dell’autorità accademica
- Assegnazione di borse basata sul merito scientifico e intellettuale
- Promozione della diversità di opinioni e dell’indagine critica
- Rifiuto dell’uso dell’accademia come strumento di propaganda
- Promozione della trasparenza e della responsabilità nei rapporti UE-accademia (…).
Le prove presentate dimostrano che il Programma Jean Monnet, in particolare i suoi centri di eccellenza e le istituzioni designate, si è evoluto in uno strumento potente per integrare le priorità politiche dell’Ue nell’accademia. Attraverso incentivi finanziari, mandati ideologici espliciti e attività di divulgazione che superano le aule, queste iniziative allineano sistematicamente insegnamento, ricerca e impegno pubblico con l’agenda integrativa e le priorità politiche dell’Ue, trasformando la ricerca accademica in ricerca orientata a sostenere una posizione.
Jean Monnet a Londra nel 1952. Wikimedia Commons. Licenza CC BY-SA 4.0.
Questo non solo corrompe profondamente il mondo accademico, ma rappresenta anche un enorme spreco di risorse, convogliando fondi pubblici scarsi verso quella che è essenzialmente propaganda sovvenzionata piuttosto che ricerca autentica. Dal punto di vista scientifico, tale politicizzazione mina lo scopo stesso della ricerca: invece di sostenere indagini aperte, guidate dalla curiosità e libere da interferenze politiche, premia il conformismo, scoraggia i rischi intellettuali e devia talento e risorse dalla ricerca della conoscenza e della comprensione.
La politicizzazione dell’istruzione superiore rappresenta un allontanamento radicale dai principi che storicamente hanno sostenuto l’università come istituzione. Nel modello humboldtiano, secondo Wilhelm von Humboldt, le università dovrebbero essere centri autonomi di creazione della conoscenza, dove insegnamento e ricerca sono inseparabili, dove la libertà accademica è fondamentale e dove il sapere è guidato non da imperativi politici ma dalla ricerca della verità. L’unità della scienza e la formazione di individui critici e completi sono al centro di questa visione.
I meccanismi di finanziamento guidati dalla politica, come il Programma Jean Monnet, minano questi principi promuovendo ricerche con esiti politici predeterminati e premiando la conformità ideologica rispetto all’indagine libera. In tal modo, distorcono l’ecosistema accademico, marginalizzano prospettive dissenzienti e trasformano le università da spazi indipendenti di dibattito in canali di propaganda istituzionale.
Invertire questa tendenza è urgente. Salvaguardare l’integrità accademica significa ripristinare l’autonomia delle università, proteggere le agende di ricerca dall’influenza politica e riaffermare l’impegno humboldtiano per l’indagine critica. Solo così l’istruzione superiore può adempiere al suo ruolo essenziale: produrre conoscenza indipendente, rigorosa e davvero al servizio della società, non delle ambizioni politiche di alcuna istituzione o governo.
Autore
Giornalista e saggista, è autore di diversi libri e scrive per varie testate italiane e stranier
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